Qual è la verità tra le tante ricostruzioni fornite in queste settimane dal governo sul caso Almasri? Le versioni, infatti, sono cambiate nel corso del tempo. In prima battuta, la liberazione del generale libico fu attribuita alla mancanza di interlocuzione con la Corte Penale Internazionale. Giorgia Meloni, nel suo video che annunciava l'indagine a suo carico, ha parlato di una CPI che non ha trasmesso al ministero della Giustizia il mandato di arresto come invece doveva fare. Poi altri nel governo hanno puntato il dito contro la Corte d'appello di Roma che aveva ordinato la scarcerazione di Almasri. Infine, di fronte al Parlamento, il Guardasigilli Nodio ha parlato di un pasticcio grave nel mandato d'arresto da parte della stessa Corte penale, tanto da considerarlo nullo, smentendo però così la prima versione. Perché se il Guardasigilli ha esaminato il mandato c'è stata interlocuzione con la Corte penale. Per cercare di fare una sintesi degli elementi che abbiamo possiamo dire che il 18 gennaio la Corte penale internazionale avverte il governo che sta per emettere il mandato di arresto su Almasri. Lo stesso giorno lo invia all'Ambasciata italiana in Olanda con una nota: se servono chiarimenti chiamate, con tanto di numero di telefono di un funzionario. Il 19 gennaio avviene l'arresto. L'ambasciata, trasmette i documenti al gabinetto del ministro Nordio e il giorno dopo la Corte d'appello di Roma rileva dei problemi e sollecita il ministero. La risposta di Nordio è il silenzio. Il 21 gennaio Almasri viene scarcerato e rimpatriato in Libia. Nordio, quindi, per sua stessa ammissione, ha ricevuto gli atti della corte penale. Rimane da capire perché quelle incongruenze nell'atto d'arresto che ha presentato in Parlamento non le ha segnalate, come era stato richiesto alla stessa Corte in tempo utile per sanarle e procedere. E perché quando la Corte d'appello lo ha sollecitato, non ha fatto menzione di tali incongruenze, ma si è limitato a non rispondere. .