Trasformare quello di Ilaria Salis in un caso politico non la aiuterà; agire con discrezione e gradualità è nell'interesse della detenuta. Il ministro degli esteri Tajani, nella sua informativa al parlamento sul caso della insegnante in carcere da un anno in Ungheria, cerca di bloccare lo scontro politico salvo poi non risparmiare qualche polemica. "A chi grida di riportare Ilaria in Italia chiederei a quale soluzione stia pensando, e siamo pronti ad accettare ogni tipo di suggerimento. L'unica per noi percorribile per un reato commesso in uno Stato membro dell'Unione Europea è quella delle regole". I domiciliari, ha ribadito Tajani, non si potranno fare in ambasciata e vanno concessi dalla corte ungherese la quale, dice il ministro, è indipendente ed è l'altra polemica che fa Tajani, stupisce chi si erge a difensore della magistratura e poi chiede al Governo di fare pressioni. Il rispetto della dignità di Salis e le condizioni detentive migliori che ora sono state ottenute sono state chieste dal ministero e dall'ambasciata da subito. Seguiamo il caso da molto prima che diventasse noto, assicura Tajani. Un punto su cui le opposizioni insorgono. Il 30 gennaio Tajani disse di non aver saputo prima delle condizioni in carcere di Salis: o mentiva allora, o mente adesso, è l'accusa. "È un processo politico non è nessun altra cosa. E voi come politica, accogliete il presidente di questa nazione nella famiglia del partito della Presidente del Consiglio".