Il movimento c'è. Anche sulla riforma della giustizia. Ma solo a determinate condizioni che sono quelle che Giuseppe Conte ha messo sul tavolo di Mario Draghi nell'incontro a Palazzo Chigi, durato circa un'ora. "Ho raffigurato il contributo, l'atteggiamento costruttivo da parte del Movimento 5 Stelle. Il Movimento 5 Stelle si era già distinto, aveva già lavorato per l'accelerazione dei processi, quindi anche penali. Quello che però ho ribadito è che saremo molto vigili nell'assicurare, nello scongiurare, che non si creino soglie d'impurità". Nessuno ultimatum da parte del leader designato del Movimento 5 Stelle. Piuttosto una marcatura stretta di una riforma che va ad incidere profondamente sulla prescrizione, nella direzione opposta a quella impressa dal ministro pentastellato Bonafede nel precedente step di Governo. "Possiamo noi stare quieti per evitare problemi alle reazioni e alle resistenze di fronte a un malato grave come la Giustizia italiana in termini di durata del processo? Abbiamo davanti 5 anni per raggiungere obiettivi impegnativi e ambiziosi, dal raggiungimento dei quali dipende l'erogazione dei 210 miliardi di euro destinati all'Italia. Ditele tutte le perplessità ma magari accompagnatele con proposte alternative perché quell'obiettivo non lo possiamo mancare". Sarà il Parlamento il luogo dove si definirà il livello dell'eventuale compromesso. Parola che suona lontana dalle dinamiche sul DDL Zan. Tra poche ore scade il termine per presentare gli emendamenti. Lega e Italia Viva chiedono ancora un accordo, il PD invece fa muro. "Non parlo con Salvini perché è omofobo" ha dichiarato il Segretario DEM Letta. Nei corridoi parlamentari però si fa sempre più strada l'idea che il voto finale verrà spostato a settembre. Un'estate per capire in quale direzione queste turbolenze porteranno la maggioranza, che al Senato ha perso il voto di Lucio Malan, passato da Forza Italia a Fratelli d'Italia. Dalla maggioranza, all'opposizione.