In principio fu una scelta tra recessione e depressione, oggi si può guardare con fiducia al futuro ma senza dimenticare che la pandemia non è finita e che potrebbero essere necessari nuovi sacrifici. Mario Draghi, per una mattina, torna di indossare i panni del professore e all'Accademia dei Lincei, dove viene premiato per il suo contributo alla costruzione del disegno europeo, rimarca sfide di impegni a cui non si può derogare. In primis il lavoro per sostenere la ripresa, unica via per ricalibrare quel debito pubblico e privato, che l'emergenza ha ingrossato, e se i richiami al rigore dei conti sono un mantra del passato ciò che conta è aver fatto, e se serve rifare, debito buono, ossia una spesa capace di rilanciare il paese e creare sviluppo, non come in passato quando le risorse venivano sprecate. "Il costo della scelta di avere una recessione invece di una depressione è stato il debito, l'aumento del debito di questi mesi è stato quindi deliberato e soprattutto auspicabile. La pandemia è un disastro naturale, molte imprese che hanno dovuto fermarsi non lo hanno fatto per colpa loro, ma perché glielo ha imposto il Governo. I sussidi hanno comunque comportato un aumento del debito pubblico, i prestiti bancari garantiti hanno comportato un aumento del debito privato, l'aumento del debito totale, rispetto al 2019, è una misura molto significativa del costo economico della pandemia." Alle imprese sono arrivati i sostegni per 100 miliardi, oltre ad un valore doppio in termini di garanzie bancarie, ora è il momento di supportare il lavoro dei giovani e delle donne. Il Premier è convinto che per l'Italia questo sia un momento favorevole, le scelte del Governo, le certezze fornite dell'Europa, la caduta di barriere identitarie sono elementi positivi che non si possono non considerare.