Crisi di governo, dai migranti alla tav le tappe dello scontro

12 ago 2019
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Due partiti, un contratto, un Presidente, per sua stessa definizione “avvocato difensore degli italiani” e i suoi vice azionisti di maggioranza. Nasce così, dopo 88 giorni di stallo dalle elezioni del 4 marzo 2018, il Governo del professore Giuseppe Conte, una storia iniziata ufficialmente il 1° giugno 2018, quando la nuova squadra di Governo sale al Colle per prestare giuramento nelle mani di Sergio Mattarella. Qualche giorno dopo, il 5 giugno al Senato e il 6 alla Camera, il 65° Governo della Repubblica italiana riceve la fiducia dal Parlamento, entrando così nel pieno delle sue funzioni. Le prime settimane servono a cementare l'unione tra la Lega e il Movimento 5 Stelle, tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che assicurano a tutti: “Il nuovo Governo durerà 5 anni.” Ma le prime frizioni non tardano ad arrivare: ad inizio luglio il Consiglio dei Ministri vara il decreto Dignità, ma alla Lega la norma non piace. E così il decreto passa, ma Salvini diserta la conferenza stampa. Passano i giorni ed è sul tema dell'immigrazione che si consuma la prima chiara divergenza di vedute. E' il caso Diciotti, il pattugliatore della guardia costiera al quale il capo del Viminale nega l'accesso ai porti. Tra le fila del Movimento si alzano cori di protesta, ma poco cambia. Qualche mese più tardi il 20 marzo l'aula del Senato respinge, con il voto cruciale di senatori Grillini, l'autorizzazione a procedere contro Salvini, che nel frattempo era stato accusato di sequestro di persona dalla procura di Agrigento. Archiviata l'estate, è la manovra economica a farla da padrone. La Lega preme per Quota 100, il Movimento per il reddito di cittadinanza, mentre l'Europa avvisa che il deficit al 2,4% non si può fare e, di fatto, non si farà. Il risultato è la compagine a 5 Stelle che da un balcone di Palazzo Chigi annuncia l'abolizione della povertà, mentre alla conferenza stampa finale per l'approvazione della manovra il Ministro Salvini tiene tra le mani una slide diversa da quella dei suoi compagni di Governo, in cui manca qualsiasi riferimento al reddito caro all'alleato a 5 Stelle. I mesi successivi sono animati da una tensione crescente nella maggioranza. A dividere le due anime del Governo non solo le autonomie, la Tav, l'Ilva, il Salva Roma o i vaccini, ma anche il divario nei risultati elettorali, alle amministrative prima e alle europee poi, che mostrano una chiara inversione dei ruoli. La Lega supera il 34%, mentre il Movimento 5 stelle crolla al 17. Un consenso tale che, come suggerito dallo stesso Conte durante la conferenza stampa dello scorso 8 agosto, quando la crisi è diventata reale, avrebbe spinto il capo del Viminale a chiedere il voto per capitalizzare il consenso alle urne e tentare così la scalata a Palazzo Chigi.

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