Prega come se tutto dipendesse da Dio, lavora come se tutto dipendesse da te. Se la deve essere ripetuta spesso Mario Draghi questa frase di Ignazio da Loyola a cui sembra essere devoto. Perché dal primo giorno di navigazione il Governo, guidato dall'ex numero uno della BCE, ha dovuto solcare mari non proprio tranquilli riuscendo fino ad ora sempre ad uscirne indenne. D'altronde non era pensabile che una maggioranza così eterogenea mantenesse coesione per tutto il viaggio. I primi distinguo sono arrivati dal fronte Lega. Sullo stato di emergenza e l'uso delle mascherine il pungolo lo tiene e lo usa spesso Matteo Salvini. Poi la gestione del PNRR, soldi tanti, sulla riforma fiscale, il catasto, il disegno di legge concorrenza, le licenze dei balneari e ultima la riforma della Giustizia, si consuma stavolta uno strappo con tutto il centro-destra. Una faticosa mediazione riporta il sereno con un accordo che vedremo quanto ha cambiato lo spirito originario voluto da Palazzo Chigi. La guerra in Ucraina merita un capitolo a parte. Dopo una fase di sostanziale unanimità è cominciata la diaspora 5 Stelle sull'invio di armi al paese in guerra, prima in sordina poi sempre più forte, seguiti anche dalla Lega fino ad arrivare ad un re de rationem che più che mettere in discussione il Governo rischia di fare implodere la prima forza politica del Parlamento italiano. Se succedesse l'effetto più visibile non sarebbe tanto forse su quest'ultimo miglio di legislatura ma con tutta probabilità sulla geografia politica delle prossime elezioni. Forse non è un caso che sia proprio il Movimento la forza più in crisi in questo momento. Il Governo Draghi nacque sulle ceneri del secondo Governo Conte, una ferita probabilmente mai completamente sanata. Tutte le parti in causa assicurano e ripetono di non voler mettere a rischio il Governo ma nessuno rinuncia alle proprie rotte, compreso Draghi, che finora le ha cambiate davvero il minimo indispensabile.