Un'altra giornata senza decreto, perché i nodi politici e tecnici non sono stati ancora completamente sciolti. Quello politico sulla regolarizzazione dei migranti che lavorano come braccianti, colf, e badanti sembrava risolto domenica notte. Il Presidente del Consiglio Conte lo rivendica per fermare il contropiede Cinque Stelle che chiedeva in extremis di stralciare la norma dal decreto. Un'intesa c'è, le norme sono pronte al Ministero dell'Interno, e si porteranno dentro il pacchetto di misure da 55 miliardi che verranno varate dal Consiglio dei ministri non appena saranno risolte questa ed altre questioni. Sul tema dei lavoratori stagionali le soluzioni ci sono, ma non possiamo accettare che lo Stato getti la spugna contro chi i lavoratori gli ha sempre sfruttati, facendo anche concorrenza sleale agli imprenditori onesti. Quindi le soluzioni ci sono, ma adesso le priorità sono approvare il decreto rilancio un decreto di decine di miliardi che servirà a dare aiuti alle imprese, alla scuola e a dare il reddito di emergenza. Il decreto economico investirà moltissimo sulla scuola, l'Università e la ricerca, stanziando risorse che ci permetteranno di stabilizzare 16 mila insegnanti, assumere 4000 ricercatori, e stanziare borse di studio per 3800 medici specializzandi. Sono punti molto importanti per il Partito Democratico che noi consideriamo fondamentali per far ripartire lo sviluppo. Manca ancora la quadra completa sul decreto da oltre 250 articoli. Qui è un problema di fondi sottostimati per la cassa integrazione prevista dal decreto Cura Italia, varato a marzo, e più in generale per un difficile incastro delle coperture, tanto che tra i tecnici c'è chi non esclude il ricorso a clausole di salvaguardia per andare oltre i 55 miliardi in deficit, un rimando ai fondi che arriveranno dall'Europa per coprire le spese. Mancano infatti i soldi per diverse misure annunciate. Il punto di partenza è l'intesa politica, dunque, di domenica notte. Ora bisogna però trovare al più presto un punto d'arrivo. Più passano le ore, infatti, più quell'intesa viene messa alla prova dai dubbi e dalle richieste dei singoli componenti della maggioranza. E non solo, i Presidenti di Regione ora chiedono 5,4 miliardi di euro per evitare il default. L'impalcatura è fragile, basta muovere troppo un pezzo che rischia di crollare tutto. Il decreto che era stato annunciato per aprile, intanto, rimane ancora nel cassetto.