L'Avvocatura dello Stato dice no all'allargamento della non punibilità in materia di suicidio assistito, sostiene invece il potenziamento delle cure palliative. E' netta la posizione della Pubblica Amministrazione che sia costituito in rappresentanza della Presidenza del Consiglio davanti alla Corte Costituzionale, chiamata ad esprimersi per la seconda volta sul suicidio medicalmente assistito. Questa volta la questione di legittimità costituzionale riguarda un'interpretazione più ampia delle indicazioni che la stessa Consulta stabilì nel caso del DJ Fabo. I Giudici non si devono esprime dunque sul diritto al suicidio sul quale si sono già espressi ma sulla sua applicazione. Su richiesta del GIP del tribunale di Firenze infatti sono chiamati a rispondere al dubbio di legittimità costituzionale. Il nuovo caso sollevato è in riferimento all'aiuto fornito a Massimiliano 44enne toscano affetto da Sclerosi Multipla che era stato accompagnato in Svizzera a morire da Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese, indagati e che ora rischiano una condanna fino a 12 anni proprio in base all' articolo 580 di una legge del 1930 sul istigazione o aiuto al suicidio. Il punto ora è capire se la condizione di Massimiliano, pur non essendo dipendente fisicamente in quel momento dalle macchine, possa rientrare nei casi stabiliti dopo il pronunciamento sul caso Fabo. Allora la Corte stabilì che per poter accedere legalmente all'aiuto medico alla morte volontaria la persona deve essere in possesso di determinati requisiti: essere pienamente capace di intendere e volere, avere una patologia irreversibile portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche e deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale. Quest'ultimo il punto in questione nel caso specifico di Massimiliano da Marco Cappato il commento: "Se tornassimo indietro lo rifaremmo per lui e per tutte le persone che sono nelle sue condizioni".























