Le parole del Capo dello Stato che per due volte a distanza di un anno hanno sferzato la Magistratura e invocato la messa in atto di una sua rigenerazione morale senza le distorsioni delle correnti, vengono calate nelle prime scelte delle toghe, che pure lasciano strascichi polemici. La decisione dell'Associazione Nazionale Magistrati di espellere Luca Palamara, che di quel sindacato dei giudice era stato Presidente tra il 2008 e il 2012 certo non viene accolta dall'ex PM di Roma come un passo indietro. Travolto dalle pubblicazioni delle intercettazioni, "anche chi mi accusa usava le correnti per fare carriera" è l'affondo. "So che devo rispondere dei miei comportamenti, ma allo stesso tempo non posso essere considerato solo io il responsabile di un sistema che ha fallito e che ha penalizzato, quelli non iscritti alle correnti. Ho agito" dice ancora Palamara più che esplicitamente, "facendo accordi per trovare un equilibrio e gestire il potere interno alla Magistratura". Chi invece rigetta questa rappresentazione dell'ex numero uno dell'ANM come capro espiatorio è l'attuale segretario dell'Associazione Nazionale Magistrati, che parla di una giornata triste, ma anche della necessità di voltare pagina e di una riforma necessaria per contrastare le degenerazione del correntismo. Quello che va ripensato per Caputo è il rapporto con gli eletti nel Consiglio Superiore della Magistratura. Sul fatto che la riforma sia necessaria, d'altro canto, sono tutti concordi, "Chi siede nel CSM, sia laico o togato, ha il dovere abbandonare ogni logica di appartenenza", ribadisce ancora David Ermini, vice Presidente di quel consiglio che pure ritiene che "ogni riforma vada studiata e ponderata con giusti tempi senza cronometro in mano". E alle riforme del CSM sta ancora lavorando via Arenula con il ministro Bonafede che se rispetto alle scelte dell'ANM è rimasto un passo indietro, delle norme in lavorazione parla come di una vera rivoluzione.