88 giorni, tanti ne sono serviti per dare vita al sessantacinquesimo Governo della Repubblica italiana, poi un accordo tra le parti, rappresentate dai due leader, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, messo nero su bianco con un contratto vigilato da un garante, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Nasceva così, 14 mesi fa, il Governo giallo-verde, da lì un anno vissuto tra litigi e riappacificazioni, tra scontri ideologici che nemmeno il contratto è riuscito ad evitare, fino all'ultimo strappo irrimediabile consumato all'interno del Parlamento sulla TAV, 5 Stelle per il no, Lega per il sì, la resa dei conti si consuma al Senato il 7 agosto, dove l'Aula boccia la mozione con cui il Movimento 5 Stelle chiede al Parlamento di fermare l'opera. Passano invece tutte quelle a favore della Torino - Lione e la lega vota con il PD. Ma la TAV è solo l'ultimo dei tanti nodi irrisolti, a cominciare dall'economia, con le diffidenze e le forzature sulle reciproche misure sostenute, quota 100 dalla Lega e il reddito di cittadinanza dal Movimento 5 Stelle, con lo scontro sullo sforamento del parametro deficit PIL, quel 3% sul quale la Lega gioca la carta dell'oltranzismo e della sfida alle regole europee, mentre Luigi Di Maio veste a maggio inediti panni da pompiere e frena. I 5 stelle sostengono l'approvazione del salario minimo, Salvini non è di questo avviso. C'è poi il leader leghista che preme per la flat tax e se la prende con il Ministro dell'Economia Tria e la sua prudenza, non c'è accordo nemmeno sulle autonomie e sulla riforma della giustizia. La prima misura è sostenuta dalla Lega ma osteggiata dal Movimento 5 Stelle, la seconda, fortemente voluta dal Ministro della Giustizia Bonafede, viene definita da Matteo Salvini senza mezze misure, acqua fresca. E come se non bastasse ci sono anche le inchieste a scuotere la tenuta dell'esecutivo, ad aprile scoppia il caso del sottosegretario leghista Siri, indagato per corruzione. Salvini lo difende a spada tratta, Di Maio ne chiede le dimissioni, fino ad arrivare alla revoca della nomina da parte di Conte. Poi c'è il caso estivo dei presunti fondi russi alla Lega, Salvini smentisce, Di Maio gli chiede di riferire in Parlamento, ma alla fine in Parlamento a gettare acqua sul fuoco ci va il 24 luglio Giuseppe Conte, ma accuse e distanze rimangono. Poi c'è la questione dei migranti, dove dopo una prima sintonia iniziale alla lunga emergono sensibilità diverse, si levano voci critiche dal movimento contro la linea di Salvini e la gestione di singoli casi. Scontri nazionali ma anche scontri locali, perfino Roma diventa terreno di confronto, Salvini attacca ripetutamente la gestione di Virginia Raggi, lasciando intendere più volte che la Lega sarebbe pronta anche a prendere le redini del Campidoglio. Insomma, 14 mesi di montagne russe, al termine dei quali una cosa è certa, i rapporti di forza sono cambiati e il futuro è tutto da scrivere.