Da un lato la volontà di non inasprire i toni, soprattutto con la Magistratura. Dall’altro quella che viene ritenuta come una necessità: porre un freno agli abusi e alle pubblicazioni lesive della privacy. In mezzo lo scontro politico con gran parte delle opposizioni e il conflitto ideologico -e concreto, sottolineano i PM- con il sindacato delle toghe. Di certo la cattura di Messina Denaro ha riaperto un confronto serrato su un tema delicato: la riforma delle intercettazioni, annunciata dal Guardasigilli Nordio e ribadita in Parlamento, che, ora, Lega e Fratelli d’Italia cercano di ridimensionare nel suo impatto, guardando soprattutto a certi effetti su cui si vuole intervenire, rispetto invece ad altri -le indagini- su cui non si vuole interferire. Il Ministro, che ha spiegato e precisato come non saranno toccate quelle relative ai reati per mafia e terrorismo, ha voluto assicurare di non aver mai minimamente pensato alle dimissioni. Per tre ragioni -spiega- perché in perfetta sintonia con il Premier, perché le critiche scomposte ed eccentriche sono uno stimolo a proseguire e, infine, perché i voti in Parlamento alla sua relazione parlano chiaro. Toghe che ribadiscono l’indispensabilità dello strumento ad ampio raggio. E così l'Esecutivo cerca di indirizzarsi soprattutto sul fronte della fuga di notizie dalle Procure e quelle pubblicazioni illecite: norme più stringenti e sanzioni per la stampa. L’ANM replica: «ci sono in gioco interessi fondamentali, come il diritto all’informazione e la stampa libera». Salvini prova a stemperare gli animi. "La politica deve evitare lo scontro con la Magistratura, e viceversa". Forza Italia e Terzo Polo plaudono invece a Nordio. PD, 5 Stelle e Sinistra attaccano: «le norme ci sono già, non cerchino scuse». "Il Ministro ha tutti i poteri per intervenire laddove ritenga ci siano degli abusi". Il confronto è solo all'inizio.