Politica e Giustizia, politica e tribunali, politica e imputati, catene e manette. Stavolta non è questione di conflitto di interessi, di procure che si muovono a orologeria con elezioni varie, di separazione delle carriere. E qui è questione invece di comunione di interessi, di civiltà giuridica, di politica e diritti, in questo caso degli imputati, e quindi è questione che interessa tutta la politica non una parte e tutti gli imputati non solo una che si ritrova in ceppi in aula di tribunale dell'Unione Europea perché si è scalmanata contro manifestanti di estrema destra, o presunti tali, perché di sinistra. Non è il caso di far eccezioni e distinguo per questo e né se fosse il contrario. In particolare perché quelle catene, quelle manette, non sono in Italia e la politica italiana tutta e tutta insieme deve lavorare perché spariscono presto, che comunque sarebbe troppo tardi. E invece succede che dietro l'argomento che apparentemente mette tutti d'accordo, cioè che le immagini di Ilaria Salis incatenata in un'aula di tribunale sono contrari alla civiltà giuridica europea e diremo a qualsiasi civiltà che non voglia negare se stessa. Si facciano, con il passare delle ore molti, troppi, distinguo; che diventano altrettanti strumenti o strumentalizzazioni politiche. Da una parte si dice che ecco guardate cosa succede allo stato di diritto, dove governa Orban, amico della Meloni e possibile alleato. E dall'altra si dice che Ilaria avrebbe menato le mani anche in Italia ai danni di esponenti della Lega, quindi smettiamo di trattarla come Madre Teresa. Ecco proviamo a smetterla, proviamo almeno, la civiltà giuridica non è monopolio della sinistra così come Ilaria Salis agli stessi diritti di Madre Teresa e le catene non sono più o meno giustificate se gli imputati sono di destra o di sinistra. Se quella contro l'Ungheria viene percepita a Budapest come una battaglia politica è molto peggio per le sorti della civiltà giuridica e pure per Ilaria Salis, la sua persona, la sua dignità.