Fa impressione ed è forse utile paragonare a poche ore di distanza ma sulle opposte rive dell'Atlantico i discorsi di Donald Trump, nel giorno del suo insediamento a Washington, e quello di Ursula Von der Leyen a Davos, davanti al gotha dell'economia e della finanza mondiale. La loro profonda diversità nei toni e nei contenuti svela quanto poco sia rimasto di comune nelle diverse parti dell'Occidente. Quell'Occidente che una volta anche anni dopo la guerra fredda e forse con grossolana approssimazione definivamo il "mondo libero". Entrambi i discorsi dipingono obiettivi ambiziosi. Ma il pennello di Trump è aggressivo, un'arma rivolta verso la tela del mondo che non ha nessuna preoccupazione di sfregiare. Le sue parole suonano "contro". Anche quando si soffermano su valori come pace, unità, solidarietà. È il discorso di chi è diventato imperatore di un'America che può tutto e i confini di questo tutto dipendono solo da lei o da lui o magari da loro, fino a poter ignorare, a patto di essere americani e meglio ancora repubblicani, la fisica, la natura, il clima. Qualunque sia il giudizio sul personaggio è una rivoluzione. E invece il discorso di Von der Leyen a Davos è un salto di qualità e di quantità sulle ambizioni dell'Unione. I suoi valori, il primo dei quali la condivisione dello stato di diritto, che vanno ribaditi come non negoziabili. Forse perché si percepiscono in pericolo. Contrapposto al negazionismo di Trump per Von der Leyen il cambiamento climatico è una realtà impossibile da ignorare. La cooperazione è il metodo per contrastarla. Non siamo in corsa gli uni contro gli altri ma contro il tempo, tutti, dice Ursula dalle cangianti maggioranze e sembra convinta. In un mondo di giganti, sintetizza la Von der Leyen, il nostro principale asset è la dimensione continentale. E arriviamo all'Italia e a Giorgia Meloni. È sempre più importante e forse anche urgente che si sveli il senso della sua presenza unica tra gli europei a Washington. Sembra a portata di mano un ruolo, pur assai complicato, di mediazione tra i due mondi. Ma tra rappresentare l'Europa a Trump oppure Trump in Europa la differenza è enorme. E ritenere la dimensione continentale il principale asset su cui contare, in questa partita, non è un optional.