La bocciatura parlamentare di un emendamento proposto da un partito di maggioranza non è, di per sé, indicativo della debolezza di un esecutivo. I governi italiani sono governi di coalizione, ogni partito ha le sue battaglie, le sue bandiere da piantare. Ci si prova, anche se la strada è sbarrata. Per dare un segnale, agli amici di maggioranza e agli elettori: quelli che ti hanno votato e quelli potenziali. Le bocciature si dimenticano, si aspettano momenti più propizi. Il centrodestra poi, più di qualsiasi altra coalizione, ha ben presente il valore di stare e rimanere al governo. Probabilmente anche per questo, una maggiore stabilità congenita, diciamo così, allo schieramento, è premiato dall’elettorato. E però, per valutare il no all’emendamento della Lega sul terzo mandato per i governatori di regione, va considerato il contesto più che il singolo evento parlamentare. Il contesto dice che c’è una competizione feroce, speriamo sana al punto di non far male al bene comune, tra Fratelli d’Italia e Lega. Competizione nutrita pure da visioni diverse. Per esempio, quelle che porgono le due grandi riforme in discussione: il premierato, che propone l’idea tradizionale della destra di accentrare i poteri sul governo nazionale e in particolare sul Primo Ministro; e l’autonomia differenziata, leggi notevolmente rafforzata, delle regioni, da sempre una degli obiettivi strategici della Lega. Il contesto dice che, in vista delle Europee, le simpatie leghiste per le destre più a destra d’Europa si sono rafforzate e qualcuno nota come la tiepida posizione verso il Cremlino sulla morte di Navalny sia una delle cause e uno degli effetti di quella simpatia. E dall’altra parte, sempre in vista delle Europee, la posizione di Meloni e dei suoi sia sempre più risolutamente filo occidentale, anti Putin, pro Kiev e, alla fine, filo europea. Se non addirittura, si scoprirà tra poco, a favore di un bis della Von der Leyen Presidente di Commissione. Il contesto dice pure che Fratelli d’Italia ha come obiettivo dichiarato riequilibrare il potere nelle regioni rispetto a quelli che sono i numeri del consenso. La più o meno sicura vittoria di Zaia in Veneto va contro questo obiettivo, ma bisogna cambiare la legge e la bocciatura di queste ore dice che sarà tutt’altro che facile per la Lega. Ultimo elemento di contesto, che accenno appena per motivi di tempo: Zaia non più Presidente del suo Veneto dovrà trovarsi un lavoro e ne riparleremo.