Che una sentenza anche se viene dalla Corte Costituzionale regoli le possibilità di ognuno di noi di decidere il suo fine vita è una stortura. D'altra parte la nota che accompagnò quella sentenza la 242 del 2019 è un dito puntato contro la politica e soprattutto contro il potere legislativo, cioè il Parlamento. Vi si legge che vuoti di disciplina che mettono in pericolo diritti fondamentali la Corte Costituzionale deve preoccuparsi di evitarli, ricavando dal sistema vigente i criteri di riempimento in attesa dell'intervento del Parlamento. La Consulta li ha ricavati quei principi, dopo aver ripreso già le Camere immobili sull'argomento nel 2018 quando aveva dato loro un anno per provvedere al vuoto. Nulla successe, così a tempo scaduto arriva la sentenza a colmare il vuoto, dice che l'aiuto al suicidio non è punibile se ci sono 4 requisiti: patologia irreversibile, trattamenti di sostegno vitale, sofferenze psichiche o fisiche insopportabili e un paziente in grado di esprimere un libero consenso. Da quella sentenza le Regioni hanno provato a organizzare la Sanità di cui sono titolari in modo da far fronte a queste eventuali drammatiche richieste di non esistenza. 10 Consigli Regionali hanno in calendario leggi sull'argomento, leggi inevitabilmente diverse pur se obbligate a rispettare i paletti della Consulta che prevedono modalità tempi e soggetti diversi per attuare quel diritto fondamentale, decidere della propria dipartita, in presenza delle condizioni descritte dalla Corte con la possibilità concreta che un tema così universale diventi pure quello un esempio di disparità. Poche ore fa il Veneto, la seconda Regione ad autorizzare un cosiddetto suicidio assistito ha deciso di bocciare la sua proposta di legge. La libertà di coscienza rendeva quella partita assai incerta, all'indomani però c'è da chiedersi se in una democrazia rappresentativa l'elettore voti per la libertà di coscienza del rappresentante o per le posizioni espresse da un partito sull'argomento. E se un argomento per sua natura non può sottrarsi a quella libertà forse è il caso ti permettere quella stessa libertà di scelta ai singoli cittadini piuttosto che vietarla. Detto questo che sul fine vita il Parlamento non abbia ancora legiferato resta una ferita profonda.