Si capisce l'esigenza dei singoli partiti che fanno parte della maggioranza di differenziare la loro offerta politica in vista delle elezioni europee di primavera. Si vuole massimizzare il consenso per quelle consultazioni proporzionali in purezza per contarsi e magari contare di più. L'interesse del Governo Meloni, però, non coincide perfettamente con l'esigenza dei singoli, e non coincide, attenzione, anche se lo sforzo di ognuno di distinguersi dagli altri dovesse regalare un consenso in crescita all'intera compagine di Governo. Esempio, Matteo Salvini insiste con l'insofferenza verso gli scioperi nel suo settore, i trasporti, li ritiene talvolta irresponsabili, comunque non sufficientemente regolati e sempre causa di disagi intollerabili per i cittadini utenti di treni, autobus e quant'altro fa trasporto pubblico. Naturale arrivino le critiche dell'opposizione dei sindacati che interpretano queste parole come una minaccia al diritto di sciopero. Vero o no che sia di questo si parla. Allora gli scioperi di questi giorni diventano scioperi in favore del diritto di sciopero. Il sindacato diventa baluardo contro la limitazione di quel diritto inteso ormai come universale, non disponibile a meno che non sia il potere un Governo autoritario, reazionario che per sua natura vuole meno interferenze possibile al suo operato. Salvini è convinto evidentemente che gli italiani preferiscano la libertà di movimento alla libertà di sciopero e di questo ha deciso di fare una delle cifre del suo agire politico. I suoi partner al Governo pensano: si direbbe il contrario. E infatti parlano e agiscono sull'argomento in modo molto più cauto. Lo scrutinio elettorale dirà chi è stato più lungimirante ma intanto, in queste ore sempre a proposito di lavoro, si parla di più della minaccia al diritto di sciopero che dei dati Istat che mostrano record di occupati, calo degli inattivi, aumento dei contratti stabili e così il Governo non usa a pieno un'occasione per vantarsi e chissà cosa ne pensano a Palazzo Chigi.