Il ruolo da protagonista. Usano spesso questa espressione Meloni e i suoi ministri quando parlano dell’Italia e dei suoi, diciamo, rapporti col mondo. Un po’ propaganda, un po’ il ruolo che, con l’empatia dei principianti di talento, Giorgia ha saputo guadagnarsi sul proscenio internazionale, anche nascondendo con attenzione i tratti che a seconda dell’interlocutore potevano generare distanza. Però, rispetto alla tradizione della diplomazia di Roma, le aspettative per un ruolo da protagonista, appunto, erano molto alte sullo scenario mediorientale. Dove si trattava di prevenire, prima del 7 ottobre dell’anno scorso, e adesso si tratta di curare, con un’urgenza che cresce di giorno in giorno. Invece il peso dell’Italia, insieme, beninteso, a quello di tutta l’Unione Europea, è sembrato pressoché irrilevante. Quello che si ricorda è il vecchio, e forse ormai impossibile obiettivo dei due popoli e due stati, e il reiterato auspicio a non allargare il conflitto verso un’escalation incontrollabile. Entrambe i ricordi, quasi invariabilmente, con la voce di Antonio Tajani. Idee nuove, poche. Risultati, ancor meno. Ed è poco per un Paese che vantava forse la migliore rete di contatti con il Medio Oriente, tra diplomazia e intelligence, e da anni è presente nel Libano con un contingente militare importante, in missione Onu. I miei coetanei ricorderanno le vignette di Forattini che disegnava Andreotti con la Kefiah. O la politica estera di Massimo D’Alema, attentissima a quella parte del mondo. Ora, in una situazione certo molto cambiata, sembra che Tajani ci stia provando a cambiare passo. E proprio con l’interlocutore con cui forse l’Occidente parla di meno, anche a causa della continua tensione con gli Stati Uniti: e parlo dell’Iran, ovviamente. Paese chiave, ogni volta che si parla di allargamento del conflitto tra Israele e Gaza e, a maggior ragione, tra Israele e Libano. I rapporti tra Italia e Iran sono sempre, o quasi, passati sopra anche ai momenti di maggiore tensione con l’Occidente. Siamo secondi nell’Unione Europea per interscambio commerciale, unici in crescita vistosa: l’anno scorso +9%. Il numero uno iraniano, da qualche mese, è Masoud Pezeshkian, uno che passa per moderato. Tajani ha incontrato il suo ministro degli esteri a New York per convincerlo a recidere la fratellanza con Hezbollah in Libano. Se ce la fa, il ruolo da protagonista è suo.