Che il referendum debba essere l'atto finale del percorso della riforma costituzionale, altrimenti nota come premierato, sembra evidente dalle ultime parole pronunciate dalla Presidente del Consiglio. Parole di estrema sintesi, che sembrano già studiate per essere gli slogan della futura campagna referendaria. Niente più inciuci, niente più governi tecnici slegati dalle indicazioni dell'elettorato, e si potrebbe aggiungere dei sondaggi, niente più ribaltoni. Le singole parole sono di per sé portatrice di un significato negativo, inciucio, ribaltone, per esempio, oppure di un significato negativo ma storico, storicizzato, per il Centro-Destra come governo tecnico che da quella parte politica è stata invariabilmente vissuta come la sottrazione di un diritto a governare, essendo o sentendosi maggioranza nel Paese. E quindi, pare, siamo già in campagna elettorale, prima ancora che si esplori seriamente la possibilità di arrivare a una riforma condivisa. E non è un bene. E d'altra parte non sembra che nemmeno l'opposizione intenda dedicarsi all'esercizio della mediazione per migliorare la proposta sulla quale, nelle ultime ore, la maggioranza ha trovato un'intesa. Invece converrebbe forse a tutti, sicuramente al Paese, applicarsi a quell'esercizio prima di rivolgersi al popolo. Che certo è, e resta sovrano, ma ha tutto il diritto di non essere esperto dei complicati equilibri che fanno una costituzione e regolano la vita delle istituzioni, almeno quelle di una democrazia liberale. Ciò che sembra evidente, ormai anche a chi la propone, è che la riforma, in particolare nell'ultima versione, ha tre effetti: il rafforzamento del Governo e in particolare della figura del Presidente del Consiglio perché eletto direttamente, una riduzione del ruolo del Parlamento perché non più la sola istituzione eletta, un ridimensionamento delle prerogative del Presidente della Repubblica perché la riforma ne riduce i poteri fino ad azzerare quelli discrezionali e perché, a confronto con Presidente del Consiglio e Parlamento, è l'unica carica non eletta dal popolo. Di questi effetti, solo il primo è quello dichiarato fin dall'inizio da chi propone la riforma. Gli altri due sono conseguenze. E su questi dovrebbe vivere una seria trattativa, prima degli slogan e del referendum.