Le possibilità di dialogo sulla cosiddetta riforma del premierato sono ai minimi storici, ridotte al lumicino. In particolare tra le due leader Meloni e Schlein, la tensione sull'argomento, insieme ad altre tensioni, complice un clima ormai decisamente elettorale, sembra un punto di non ritorno. Elly convoca la piazza contro la riforma e convoca anche l'impegno di tutto il partito con le nostre voci e i nostri corpi, dice. Meloni dichiara di fatto finito il tempo del dialogo e vede il referendum come unico epilogo possibile dell'iter legislativo del premierato, evocando una spaccatura simile a quella che tra gli italiani provocò la scelta tra monarchia e repubblica, tanto per guardare al futuro. Tutto ciò è pure interessante da raccontare per chi fa il nostro mestiere ma potrebbe delineare l'ennesima occasione persa per riformare, sperabilmente migliorandolo, il nostro assetto istituzionale. Parte dell'occasione persa è già nei fatti, in realtà. Nella ormai quasi certa impossibilità di condurre in porto una riforma bipartizan. Modalità che non dovrebbe essere un optional quando si parla di riforme istituzionali. Né dovrebbe essere considerata una questione di forma. Il lavoro della Costituente, la sintesi alta e difficile tra istanze molto diverse, accomunate allora solo da una comune matrice antifascista, è stato pura sostanza. Da affiancare alla pura sostanza della Carta che ha generato. E che infatti, a distanza di tanti anni e tanta storia, è uno dei pochi materiali di costruzione di questo Paese che unisce, cioè cementa, più che dividere. L'altra occasione che si potrebbe perdere è legata all'esito del referendum. Come già in precedenti occasioni, tutto il lavoro, le voci e i corpi, direbbe Schlein, può rivelarsi totalmente inutile, solo una storia da raccontare, anche per un solo no in più al referendum. Una sconfitta per la maggioranza, una vittoria per l'opposizione, ma un passo avanti per nessuno. Post scriptum: i fatti di Liguria hanno reso di nuovo attuale il dibattito sulle modalità di finanziamento ai partiti. Se sia quella pubblica o quella privata a dare maggiori garanzie di onestà e trasparenza della politica. È bene che se ne parli perché la risposta è tutt'altro che scontata.























