La democrazia del popolo e quella delle regole. La sovranità che si esprime nei modi e nei limiti che detta la Costituzione, la norma delle norme, o quella limitata solo dall'esercizio del voto e dal suo esito. A guardarlo da un punto di vista alto, nobile, quasi di filosofia politica e del diritto, il dibattito, anzi lo scontro sul terzo mandato, potrebbe essere la disputa tra queste due visioni. Chi sostiene le ragioni di Zaia, Fedriga e Fugatti dà precedenza alla volontà del popolo sovrano rispetto alle norme anche quando sono imperative e soprattutto preesistenti. Chi, come la maggioranza della maggioranza e del Governo che ha fatto ricorso contro le norme approvate dal Trentino e alimentato il caso politico in Friuli, non vuole il terzo mandato, dovrebbe far riferimento invece alla democrazia delle regole, dei modi e dei limiti. E però qualcosa non torna. Perché la maggioranza di Centro-Destra sul punto e in linea teorica ha sempre rivendicato, almeno negli ultimi anni, il giudizio del popolo come giudizio ultimo, al quale rifarsi. Lo ha addirittura invocato come lavacro capace di togliere qualsiasi macchia, anche penale, in capo all'eletto, purché lo sia. Quindi sulla questione del terzo mandato, a maggior ragione, ci si aspettava si schierasse a favore della permanenza al potere di chi, pare senza ombra di dubbio, dal popolo sarebbe ancora fortemente voluto come capo. E invece no. La divisione è netta, e non sembra a causa di visioni del mondo differenti. La Lega vuole mantenere i suoi al loro posto, gli altri vorrebbero i loro. È pensare male, ma spesso ci si azzecca. .