Qualcuno di voi avrà letto il romanzo di Paolo Sorrentino, "Hanno tutti ragione". Il protagonista, Tony Pagoda, maestro di indolenza, pigrizia e talentuosa sagacia, adotta il titolo come fosse visione del mondo. Chi legge, alla fine, pensa che abbia profondamente ragione anche lui. Verrebbe da applicare questa filosofia di vita anche raccontando la fine del progetto del Terzo Polo, dare ragione a tutti. Ma non per indolenza, pigrizia o particolare sagacia. Piuttosto, per sfinimento. Di chi è la colpa? Di Calenda che vuole imporre Renzi di sciogliere Italia Viva prima del congresso e di non fare mai più la Leopolda? Di Renzi che pensa bene, nel mezzo del cammino per il nuovo polo di assumere la direzione di un giornale e poi, a comitato politico in corso, assumere come direttore responsabile un berlusconiano doc, anche se appena fuori da Forza Italia, come Andrea Ruggeri, che per prima cosa annuncia di voler essere ponte tra Renzi e Meloni? Oppure bisogna seguire i soldi e il bisogno che ne ha la politica per capire di più? Matteo vuole tenersi i soldi e il partito, tuona Calenda pochi minuti prima dello strappo. Però a ben vedere anche lui voleva quei soldi e quel partito, sicuro di diventare per acclamazione ho quasi segretario del mitico nuovo polo, che avrebbe tolto i peccati dal mondo della politica. Il fatto è che la politica è la cura della polis, della comunità. In questo caso addirittura della comunità nazionale. Non è la cura del giardino di casa propria, nell'intento di renderlo sempre più ricco e più bello. Per questo, forse, in questa vicenda, hanno tutti torto. E poi dice che la gente non va a votare.