È come un fiume, che scorre sotterraneo per poi riemergere quando le circostanze appaiono favorevoli. È il dibattito sul grande centro spesso evocato come la panacea dei mali del sistema politico italiano, l'antidoto alle coalizioni innaturali; le grandi manovre di solito ripartono con l'approssimarsi degli appuntamenti elettorali; ispirate dall'assunto che al centro si vince o in coincidenza con le scissioni nei partiti e infatti quella appena operata da Di Maio viene considerata un'altra spinta in questa direzione, ora che il voto si avvicina. Che si chiami centro o polo moderato la forza aggregatrice stavolta risponde al nome di Mario Draghi, se non lui la sua agenda l'obiettivo immediato è vegliare sull'ultimo anno di governo e scongiurare un voto anticipato, anche perché serve tempo per consolidare la nuova area. L'obiettivo, a media distanza, è fare in modo che a questo Governo ne succeda un altro, una sorta di partito di Draghi dopo Draghi; visto che il diretto interessato non pare intenzionato a ripetere l'esperienza. Lo spazio è affollato: Italia Viva di Renzi, l'Azione di Calenda, Più Europa di Bonino e Della Vedova, Coraggio Italia di Toti e Brugnaro, corteggiatissimo il Sindaco di Milano Beppe Sala che si dice negli ultimi tempi abbia stretto i rapporti proprio con Di Maio. Una galassia che dovrebbe attirare i centristi sparsi a destra e sinistra delusi dal salvinismo o dal campo largo di Letta. Qualcuno dice: più teste che voti; certo sono personalità forti, che si sono anche combattute e ora dovrebbero in qualche modo convivere. Di Maio non è un interlocutore, ha fatto disastri, ha preso in giro gli italiani diceva solo pochi giorni fa Calenda. Il primo turno delle amministrative ha dato un po' di linfa il progetto, alcuni sondaggisti gli accreditano uno spazio che potrebbe arrivare al 15%. Suggestione o realtà dipende anche dalla Legge Elettorale; quella attuale non è proprio di aiuto, un sistema proporzionale invece le verrebbe di mezzo la necessità di coalizzarsi.























