Saranno settimane di riflessione e di movimento dentro le coalizioni e dentro i singoli partiti, queste ultime del 2025, sul fronte della legge elettorale che da gennaio 2026 potrebbe ricevere nuovo sprint e viaggiare verso quella riforma che evidentemente Giorgia Meloni e la maggioranza vuole. Il dossier al momento è studiato dagli sherpa dei partiti, soprattutto quelli di Centrodestra, e un dato sembra tra i più certi: l'addio all'attuale sistema, il cosiddetto Rosatellum, che non garantirebbe stabilità, obiettivo dichiarato di questo governo, soprattutto al Senato, e un ritorno al proporzionale puro con premio di maggioranza e soglie di sbarramento. Su entrambi questi fronti vanno definite le percentuali, dettagli certo non influenti, sia per il rischio di incostituzionalità che per la sopravvivenza dei partiti minori. Certo, Giorgia Meloni nelle ultime ore è tornata a parlare di premierato, riforma, ha assicurato, mai finita nel cassetto e che serve al paese. Ma i tempi sarebbero forse troppo lunghi, mentre sulla carta appare ben più spedita un'altra soluzione: inserire nella legge elettorale l'indicazione da parte di ciascuna coalizione del nome del candidato premier sulla scheda elettorale. Ipotesi che però divide la stessa maggioranza, lasciando quanto mai fredda Forza Italia e che per il Campo Largo riproporrebbe sin dal dibattito sulla legge la spinosa questione di chi e come scegliere il leader. L'altra incognita sono le preferenze che, al di là delle dichiarazioni di facciata, non hanno grandi supporter, neanche tra i partiti di opposizione che per ora restano alla finestra. La segretaria del Pd ha lasciato la porta socchiusa: "Se e quando arriverà una proposta in Parlamento la valuteremo. La legge elettorale perfetta non esiste". Una parziale apertura di credito da parte di Schlein a cui segue però una chiusura nettissima e dai toni definitivi: "Il presupposto sbagliato è il premierato". .























