Tutto si tiene, ma proprio per questo tutto si può sfasciare. Se si tocca subito la legge elettorale, come chiede il PD, è a rischio la tenuta stessa della maggioranza. Il quadripartito di Governo, ma forse ormai è un pentapartito, aveva firmato 11 mesi fa il patto di coalizione con la promessa di approvare la riforma costituzionale del taglio dei parlamentari e contemporaneamente di dare vita a un nuovo sistema di voto. Primo obiettivo centrato, al netto del referendum, secondo ancora lontano. Sono fondate le preoccupazioni sul pericolo di votare il taglio dei parlamentari senza aver prima approvato una nuova legge. Sono le parole del segretario PD, Zingaretti. Più esplicito il Capogruppo alla Camera Delrio: è a rischio la tenuta costituzionale - dice in sostanza - adesso si rispettino gli accordi o intervenga il Premier Conte. I democratici vorrebbero almeno un segnale, un primo voto entro settembre sulla legge elettorale. Già, ma quale? È qui che comincia la sfida al labirinto. Noi di Italia Vita siamo per il maggioritario, dice Matteo Renzi, non per il ritorno al proporzionale, ma parliamone. I 5 Stelle sono lì che oscillano, cosi come oscillano le proposte: sbarramento al 3 o al 5%? Modello spagnolo con collegi piccoli o un modello con collegi più ampi? Leggi diverse per Camera e Senato o riforma costituzionale lampo per uniformare i due sistemi? Non sono questioni che si risolvono facilmente a Camere chiuse (il Parlamento farà un paio di settimane di ferie) tanto da poter avere risultati a settembre e soprattutto difficile che una legge elettorale veda la luce senza almeno un gioco di sponda con l'opposizione. Salvini, Meloni e Berlusconi assistono, senza intervenire troppo, al wrestling nella maggioranza, ma il leghista Calderoli avverte: è follia approvare modifiche prima del risultato del referendum. La consultazione è fra un mese e mezzo, 20 - 21 settembre; tanti i malumori e i dissensi, equamente trasversali. Ci sono i democratici per il no (Gori e Nannicini) e chi voterà sì col mal di fegato, e anche dentro Forza Italia, da Cangini a Baldelli e a Pagano, la fronda per il no è sempre più rumorosa, ma negli stessi giorni si vota anche per le regionali. E forse è questo il freno più potente a qualsiasi iniziativa.