Stavolta no, stavolta non è un dissidente. Stavolta è un ortodosso come Gianluigi Paragone a dare forma a quel fiume di dubbi che percorrono il Movimento dopo il crollo alle europee. Quei 6 milioni di voti in meno rispetto alle politiche del 2018 impongono dei cambiamenti e le parole del senatore Paragone sono soppesate ma affilate: “La generosità di Luigi di mettere insieme tre, quattro incarichi in qualche modo deve essere rivista. Il Movimento per ripartire ha bisogno di una leadership politica non dico h24, ma non siamo lontani”. Altri senatori chiedono che la scelta sia fatta con le stesse modalità con cui arrivò l'investitura Di Maio, con un voto sulla piattaforma Rousseau. Lungi dallo stereotipo della resa dei conti, l'assemblea di domani sarà però un luogo dove discutere e decidere cosa cambiare e con quali modalità. Nelle chat di deputati e senatori hanno fatto rumore anche le parole di Roberta Lombardi, storica esponente dei 5 Stelle: “La responsabilità in capo a un solo uomo è deleteria per il Movimento” dice “ed è un concetto da Prima Repubblica. Il modello culturale di riferimento del Movimento” dice “è la partecipazione”. Sullo sfondo poi c'è sempre Alessandro Di Battista, che dopo aver girato il mondo, scalpita adesso per tornare in campo anche se fuori dal Parlamento. Anche perché mentre il Movimento sbanda, la Lega accelera. Sblocca cantieri, TAV, Decreto sicurezza, flat tax Salvini ora le pretende e subito. “Abbiamo parlato di Sblocca cantieri. TAV non è un cantiere bloccato, quindi quello è un tema che non c'è nello Sblocca cantieri”. C'è poi la questione giudiziaria del viceministro Rixi, clone del caso Siri. Stavolta la Lega gioca d'anticipo: “Anche se condannato, rimarrà al suo posto” dice il Carroccio. Dai pentastellati la replica è al vetriolo: “Se non vogliono rispettare il contratto e farlo saltare, lo dicano chiaro. Chi pensava che dopo il voto tornasse la distensione, è servito”.