Un ruolo che è un servizio, innanzitutto al Paese, che necessita d'imparzialità, di rigore e sobrietà. È questo il concetto che Sergio Mattarella non ha mai mancato di ricordare all'indirizzo della Magistratura da Presidente dell'organo di autogoverno delle toghe per decine di volte ha presieduto il plenum del CSM, sedute ordinarie e straordinarie. Imparzialità ed equilibrio quindi, come quello necessario per non subire la pressione mediatica, il richiamo costante del Capo dello Stato, che ha voluto gestire le tante delicate e difficili vicende della giustizia italiana proprio evitando il clamore, lasciando il minimo indispensabile spazio agli interventi, come quando aveva stigmatizzato, definito sconcertante, inaccettabile il quadro delle guerre interne tra magistrati e le commistioni con la politica emersi dalle inchieste Toghe Sporche, lo scandalo legato alle nomine e ai concorsi truccati, laddove secondo le indagini degli inquirenti le varie correnti interne al CSM avevano elaborato un sistema attraverso il quale spartirsi le cariche più prestigiose. In molti chiesero al Presidente di sciogliere il Consiglio. Mattarella con una nota rimarcò come, Carta Costituzionale alla mano, il Capo dello Stato non possa sciogliere il CSM in via discrezionale, ma solo nel momento in cui risultasse impossibile il suo funzionamento. Ma una riforma sì, quella più volte ribadita da Mattarella che non ha mai mancato di chiederla. "La Magistratura è chiamata in questo periodo a rivitalizzare le proprie radici deontologiche valorizzando l'imparzialità e la irreprensibilità delle condotte individuali rifuggendo dalle chiusure dell'autoreferenzialità e del protagonismo. In questa direzione deve muovere anche la riforma del CSM, non più rinviabile". Una gestione attenta, la sua, delle esigenze di chi opera in prima linea e di chi, come il cittadino dall'altra parte ne riceve il giudizio.