Energia, Ucraina, migranti e soprattutto PNRR. Erano tanti e complessi i temi sul tavolo del confronto, il secondo, tra Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen. Un'ora e un quarto per un faccia a faccia a Palazzo Chigi, di contenuti, dopo quello più formale dello scorso novembre a Bruxelles. Temi complessi non solo per natura, ma anche per visioni in partenza differenti. E se infatti, viene condivisa la ferma condanna per gli atti violenti in Brasile e la soddisfazione per la firma, nelle prossime ore, della dichiarazione congiunta tra UE e NATO, diverso è il punto di partenza sul fronte immigrazione e Next Gen. Così come da capire sarà quale tipo d'intervento, quali sostegni europei in concreto, saranno dati per fronteggiare gli effetti della crisi energetica. Aiuti che saranno oggetto di confronto anche nel Consiglio dei Ministri delle prossime ore, come anticipa il ministro Salvini. Ragioneremo, dice, se fra guerra, caro materiali e caro materie prime, sia il caso di intervenire e se ci siano denari per farlo. Di certo, il premier Meloni e il ministro dell'economia Giorgetti, incontreranno a Palazzo Chigi il comandante della Guardia di Finanza per valutare nuove azioni contro le speculazioni sui prezzi. Quanto, invece, al PNRR, Meloni ha ribadito a Von der Leyen, l'impegno italiano a rispettare scadenze e promesse, ma anche la necessità di rimodulare quantomeno i tempi per la messa in opera dei progetti. Per realizzare opere del valore di 100 milioni di euro il tempo medio è di 16 anni, mentre il Next Gen prevede cinque anni per realizzare quelle previste nel Piano. E un anno è già passato, si fa sapere. Al lavoro su questo, come del resto aveva fatto nella puntuale realizzazione degli ultimi 55 obiettivi per il 2022 nei tempi previsti, il ministro competente Fitto, presente all'incontro. Infine l'immigrazione, con il Consiglio UE straordinario del prossimo 9 e 10 febbraio, laddove si lavora per migliorare la struttura che mette in condizione gli Stati di accogliere i migranti, con l'Italia che vorrebbe il superamento delle stringenti regole di Dublino, nonostante la ferma opposizione di Paesi come Ungheria, Polonia e Svezia, presidente di turno dell'Unione.