Il pugno duro inaugurato dal decreto Cutro contro gli scafisti e i migranti va a sbattere contro i magistrati catanesi, e riattizza lo scontro tra toghe e Governo su un dossier caldissimo come quello degli sbarchi, che da mesi prendono d'assalto le coste siciliane a cominciare da Lampedusa. A fare da detonatore, la decisione dei giudici etnei di far uscire dal centro di Pozzallo tre tunisini provenienti dai cosiddetti paesi sicuri, che sono in attesa dell'esito della procedura di frontiera accelerata e la controversa cauzione di 5.000 euro per restare liberi. Un liberi tutti che metto in dubbio l'impianto del decreto Cutro, con cui il Governo ha voluto dare un segnale di inasprimento delle misure. Per le toghe di Catania il provvedimento è in rotta di collisione con la normativa dell'unione europea e non aderisce ai principi costituzionali. Valutazione che cozza con l'annunciata intenzione dell'esecutivo di costruire i centri di permanenza per i rimpatri, dove trattenere i richiedenti asilo guardati a vista dalla Polizia. Intanto il Ministro dell'Interno tunisino ammonisce, la Tunisia non può in nessun caso fungere da guardia di frontiera per altri Paesi e le ONG stanno manipolando la questione migratoria per gli interessi degli Europei. La liberazione dei tre migranti torna ad alimentare la guerra tra la maggioranza e i giudici, con il Viminale che ha annunciato di voler impugnare la decisione del tribunale. Serve una profonda riforma della giustizia, incalza il leader della Lega Matteo Salvini e Fratelli d'Italia bolla come decisioni politiche e ideologiche le mancate convalide di trattenimento. Ribatte l'Associazione Nazionale Magistrati, è fisiologico che ci possano essere i provvedimenti dei giudici che vanno contro alcuni progetti e programmi di Governo e questo non deve essere vissuto come un'interferenza. Questa è la democrazia.