Colori, abiti tradizionali, musica e tanta allegria. In Papua Guinea, l'attesa per Bergoglio è tanta. Al suo arrivo, un'esplosione di goia. Il Santuario di Santa Maria Ausiliatrice, alle mie spalle il popolo di Francesco quello che da giorni segue le sue tracce, quello che lo aspettava qui in Papua Nuova Guinea che lo ha accolto con grande frenesia che ha cercato di rincorrere tutto il convoglio che lo stava trasportando proprio anche soltanto per un saluto anche solo per un attimo. Ci sono tante musiche, le sentite, tante voci e poi ci sono i balli, i canti, il suo popolo quello che lo accoglie sempre festante. Anche oggi qui per sentire la sua voce. Un paese dei contrasti mercati, la Papua Nuova Guinea, paradiso naturale affacciato sul Pacifico e con una foresta fluviale importante da una parte. Miniere d'oro e di rame povertà e il più alto tasso di malati di AIDS nel continente, dall'altra. In questo scenario si snodano gli impegni di Papa Francesco iniziati nel paese con l'incontro con le autorità nell'Opec House dove tiene il suo primo discorso. E proprio in questa terra è alla cura del Creato che dedica le sue prime parole. E poi, l'invito ad essere vicini alla periferia e anche nelle zone più remote, abbandonate agli emarginati come sempre nei suoi pensieri. In Papua, i cattolici sono il 36% a cui va aggiunto un 33% di evangelici. Dunque, una nazione a maggioranza Cristiana. Nazione in cui la stabilità come sottolinea il Papa, è una condizione da ricercare. Un riferimento alle condizioni delle donne nel paese lo fa il governatore generale al quale il Papa risponde: le donne sono al primo posto nello sviluppo umano e spirituale. Momento molto atteso quello con i bambini con i quali da sempre il Papa si intrattiene e risponde alle loro domande.