Tutti in gioco anzi tutto in gioco, anche il nome stesso del Partito Democratico, perché all'ombra della corsa alla Segreteria che vede Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo sfidarsi, c'è una partita che vede in gioco, ora in maniera aperta, la sigla del partito e non è solo una questione di etichetta perché cambiare il nome di un partito in politica vuol dire cambiare il partito. Non è un caso che a chiedere che ci sia un referendum tra gli iscritti sul nome sia Elly Schlein e l'ala più a sinistra. L'idea è quella di inserire la parola lavoro nell'anima del PD, la Schlein non ritiene fondamentale un cambio ma non è un mistero che una mossa del genere accelererebbe il ritorno a casa degli scissionisti di Articolo Uno, che già in Assemblea Costituente con Roberto Speranza hanno fatto sentire la loro voce e la loro nuova vicinanza. Il Segretario uscente Enrico Letta nel suo ultimo discorso prima delle primarie del 26 febbraio ha chiesto unità ai contendenti e al gruppo dirigente che verrà. La voglia di mollare dopo la sconfitta di settembre c'è stata ma è rimasto al suo posto per permettere a chi prenderà il testimone di farlo senza più vento contro. Il favorito, Stefano Bonaccini, punta su salari più alti, taglio del cuneo fiscale e rispolvera la vocazione maggioritaria, la rampante Elly Schlein che guarda a sinistra punta sulla lotta alla precarietà e dice basta agli stage non pagati, Paola De Micheli si definisce la sindacalista degli iscritti delusi e inascoltati, Gianni Cuperlo punta sull'orgoglio di un partito che torni ad essere faro della sinistra. Sono quattro profili diversi, molto diversi, quanto diverso sarà il PD, a cominciare dal nome, si capirà dal 26 febbraio in poi.