Signor Sindaco, signore e signori Consiglieri, signor Presidente della Regione, Presidente Arnoldi e cari familiari delle vittime, ci troviamo a Palazzo Marino, luogo della democrazia, della comunità milanese, contro il quale la ferocia dei terroristi neofascisti tentò di replicare undici anni dopo la strage di Piazza Fontana. Siamo qui, oggi, perché avvertiamo il dovere di ricordare insieme avvenimenti per i quali si è fatta verità e si è cercata giustizia, tra difficoltà e ostacoli, e sovente giungendo a esiti insoddisfacenti e vani. L'identità della Repubblica è segnata dai morti e dai feriti della Banca nazionale dell'agricoltura. Un attacco forsennato contro la nostra convivenza civile, prima ancora che contro l'ordinamento stesso della Repubblica. Uno strappo lacerante recato alla pacifica vita di una comunità e di una nazione, orgogliosa di essersi lasciata alle spalle le mostruosità della guerra, gli orrori del regime fascista, prolungatisi fino alla Repubblica di Salò, le difficoltà della ricostruzione morale e materiale del nostro Paese. Quell'anno, 1969, fu segnato da 145 attentati dinamitardi. Una bomba inesplosa venne rinvenuta presso la Banca commerciale di Piazza della Scala, qui a Milano. Quell'11 dicembre altre 3 bombe esplosero a Roma presso la sede della Banca nazionale del lavoro, in via Veneto, presso l'Altare della Patria, presso il Museo del Risorgimento, provocando altri 16 feriti. In precedenza, il 25 aprile di quell'anno due bombe alla Fiera Campionaria e l'Ufficio Cambio della Banca nazionale delle comunicazioni presso la stazione centrale di Milano avevano provocato il ferimento di 19 persone. Il 9 agosto su otto treni, in diverse parti del Paese, erano esposti ordigni con il ferimento di 12 passeggeri. Ancora il 19 novembre a Milano nel corso di una manifestazione venne ucciso l'agente di polizia Antonio Annarumma. Si può ben comprendere il senso della definizione di strategia della tensione, utilizzata dalla stampa britannica per definire quella stagione.