L'obiettivo per Giorgia Meloni e la Terza Repubblica la strada è la riforma costituzionale, percorsi insidiosi dai lunghi tempi. Ammainato il vessillo dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica da sempre anima del Centro-Destra il passaggio al premiato italiano si trascina dietro una serie di ostacoli con qualche perplessità sebbene discuta su bozze. La norma ribattezzata "anti ribaltone" che prevederebbe qualora il Premier si dimettesse o venisse sfiduciato per il Presidente della Repubblica la possibilità di conferire un nuovo incarico solo al Presidente del Consiglio dimissionario o ad un altro parlamentare eletto in collegamento a questo non convincerebbe la stessa Giorgia Meloni indisponibile ad una sua attenuazione. Permettere ad esempio di dare un incarico anche a personalità esterne alla maggioranza purché si impegnino ad attuarne il programma, riaprirebbe per Meloni le porte ai Governi tecnici fumo negli occhi per la Premier ma un irrigidimento ulteriore contro i ribaltoni oltre a rischiare di imbrigliare i poteri del Capo dello Stato non trova l'adesione totale degli alleati, consci che il Premier avrebbe dalla sua un premio di maggioranza più che cospicuo e un potere non controbilanciato in un Parlamento sotto la minaccia costante di un ritorno al voto. La mediazione il Centro Destra conta di trovarla ma vede all'orizzonte opposizioni e comitati pronti a combattere per il No. Compattezza che potrebbe pesare al momento del referendum costituzionale che al momento sembra inevitabile dato che la maggioranza anche ipotizzando contributo all'esempio dei renziani sostenitori del modello Sindaco d'Italia, è lontana dal quorum dei due terzi necessari per evitare la consultazione popolare, voto che non avverrebbe prima della fine del 2024 e che per ora i partiti a maggioranza non vorrebbero politicizzare troppo, memori di quanto pesò la riforma e il referendum costituzionale a Matteo Renzi.