Stravince il No. Il discorso di Renzi: "Mi dimetto". VIDEO

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7 anni fa

“Le percentuali di affluenza sono state superiori a tutte le attese. È stata una festa che si è svolta in un contesto, sì, segnato da qualche polemica in campagna elettorale, per carità, forse di troppo, ma in un contesto in cui tanti cittadini si sono comunque avvicinati e riavvicinati alla Carta costituzionale, al manuale delle regole del gioco. E credo che questo sia molto bello, molto importante, molto significativo. Sono, dunque, fiero e orgoglioso dell’opportunità che il Parlamento, su iniziativa del Governo, ha dato ai cittadini di esprimersi nel merito della riforma. Viva l’Italia che non sta alla finestra, ma che sceglie. Viva l’Italia che partecipa, che decide. Viva l’Italia che crede nella politica. Il ‘no’ ha vinto in modo straordinariamente netto. Ai leader del fronte del ‘no’ le mie congratulazioni, il mio augurio di buon lavoro nell’interesse del Paese, nell’interesse dell’Italia e degli italiani. Questo voto consegna ai leader del fronte del ‘no’ oneri e onori, insieme alla grande responsabilità di cominciare dalla proposta, credo innanzitutto dalla proposta delle regole, della legge elettorale. Tocca a chi ha vinto, infatti, avanzare per primo proposte serie, coerenti e credibili. Agli amici del ‘sì’, che hanno condiviso il sogno di questa riforma, che hanno condiviso una campagna elettorale emozionante, vorrei consegnare un abbraccio forte, affettuoso, mi verrebbe voglia di dire uno per uno. Ci abbiamo provato. Abbiamo dato agli italiani un’occasione, una chance di cambiamento. Era una chance semplice e chiara. Ma non ce l’abbiamo fatta. Non siamo riusciti a convincere la maggioranza dei nostri concittadini. Abbiamo ottenuto milioni di voti, ma questi milioni di voti sono impressionanti ma insufficienti. Volevamo vincere, non partecipare. E, allora, mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta e dico agli amici del ‘sì’ che ho perso io, non voi. Chi lotta per un’idea non può perdere. Voi avevate un’idea meravigliosa, in particolar modo in questa stagione della vita politica europea: volevate riavvicinare i cittadini alla Cosa pubblica, combattere il populismo, semplificare il sistema e rendere più vicini cittadini e imprese. Avete fatto una campagna elettorale casa per casa a vostre spese. Non avevate nulla da chiedere, ma solo da dare. Per questo voi non avete perso. Questa sera andando a riposare o domani mattina andando a lavorare, sentitevi soddisfatti, comunque, dell’impegno, della passione, delle idee. Intendiamoci: c’è rabbia, c’è delusione, c’è amarezza, c’è tristezza. È normale. Però, vorrei che foste fieri di voi stessi. Fare politica andando contro qualcuno è molto facile. Fare politica per qualcosa è più bello. È più difficile, ma è più bello. E siate orgogliosi di questa bellezza. Non smettete mai di pensare che si fa politica pensando ai propri figli e non alle alchimie dei gruppi dirigenti. Arriverà un giorno in cui tornerete a festeggiare una vittoria e quel giorno lì vi ricorderete probabilmente delle lacrime, delle lacrime di questa notte. Si può perdere un referendum, ma non si deve perdere il buonumore. Si può perdere una battaglia, ma non si può perdere la fiducia nel fatto che questo è il Paese più bello del mondo e che quella bandiera rappresenta gli ideali di civiltà, di educazione e di bellezza che ci fanno grandi e che ci fanno orgogliosi della nostra identità. Io, invece, ho perso. Nella politica italiana non perde mai nessuno. Non vincono, ma non perde mai nessuno. Dopo ogni elezione resta tutto com’è. Io sono diverso: ho perso. E lo dico a voce alta, anche se con il nodo in gola, perché non siamo robot. Non sono riuscito a portarvi alla vittoria. Vi prego di credermi quando dico che, comunque, ho veramente fatto tutto quello che penso si potesse fare in questa fase. Io non credo che la politica sia il numero inaccettabile di politici che abbiamo in Italia. Io non credo che si possa continuare in un sistema in cui l’autoreferenzialità della Cosa pubblica è criticata per decenni da tutti e poi, al momento opportuno, non viene cambiata. Ma credo nella democrazia. E per questo, quando uno perde, non fa finta di nulla fischiettando e andandosene a letto, sperando che passi velocemente la nottata. Credo nell’Italia, per questo penso che sia doveroso cambiarla. Nei mille giorni e nelle mille notti passate in questo palazzo, ne ho viste le possibilità straordinarie, uniche al mondo. Ma perché queste possibilità si realizzino per me l’unica chance che abbiamo è quella di scattare, non di galleggiare; è quella di credere nel futuro, non di vivacchiare. La democrazia italiana di oggi si basa su un sistema parlamentare. Quando abbiamo chiesto la fiducia, abbiamo proposto di semplificare il sistema, di eliminare il bicameralismo, di ridurre i costi della politica, di allargare gli spazi di democrazia diretta. Questa riforma è stata quella che abbiamo portato al voto. Non siamo stati convincenti, mi dispiace. Però, andiamo via senza rimorsi perché, se vince la democrazia e vince il ‘no’, è anche vero che noi abbiamo combattuto la buona battaglia con grande determinazione e passione. Come era evidente e scontato fin dal primo giorno, l’esperienza del mio Governo finisce qui. Credo che per cambiare questo sistema politico dove i leader sono sempre gli stessi e si scambiano gli incarichi, ma non cambiano il Paese, non si possa far finta, per l’ennesima volta, che tutti rimangano incollati alle loro abitudini prima ancora che alle loro poltrone. Volevo cancellare le troppe poltrone della politica italiana, il Senato, le Province, il CNEL. Non ce l’ho fatta, e allora la poltrona che salta è la mia. Domani pomeriggio riunirò il Consiglio dei Ministri, ringrazierò i miei colleghi per la straordinaria avventura, una squadra coesa, forte e compatta, e salirò al Quirinale, dove al Presidente della Repubblica consegnerò le mie dimissioni. Tutto il Paese sa di poter contare su una guida autorevole e salda qual è quella del Presidente Mattarella. In questi giorni il Governo sarà al lavoro, e sarà al lavoro per completare l’iter di una buona legge di stabilità, che deve essere approvata al Senato, e per assicurare il massimo impegno ai territori colpiti dal terremoto. Lasceremo, tra gli altri, a chi prenderà il nostro posto il prezioso progetto ‘Casa Italia’. Come sapete, vengo dall’associazionismo, dal mondo scout, e il fondatore dello scoutismo Baden-Powell diceva che bisogna lasciare i posti meglio di come si sono trovati. Lasciamo la guida dell’Italia con un Paese che è passato dal -2 per cento al +1 per cento di crescita del PIL, che ha 600.000 occupati in più, con una legge, quella sul mercato del lavoro, che era attesa da anni, con un export che cresce e un deficit che cala. Lasciamo la guida del Paese con un’Italia che ha finalmente una legge sul terzo settore, una legge sul ‘Dopo di noi’, una legge sulla cooperazione internazionale, una legge sulla sicurezza stradale, una legge sulle dimissioni in bianco, una legge sull’autismo, una legge sulle unioni civili, una legge contro lo spreco alimentare, contro il caporalato, contro i reati ambientali. Sono le leggi con l’anima, quelle di cui si è parlato di meno e alle quali ho tenuto e tengo di più. Lasciamo, infine, l’Italia con un 2017 in cui saremo protagonisti. Saremo protagonisti in Europa, a marzo, con l’appuntamento di Roma per i sessant’anni dell’Unione. Saremo protagonisti a Taormina, a maggio, per il G7. Saremo protagonisti con la Presidenza del Consiglio di sicurezza dell’ONU a novembre. Aver vinto le sfide organizzative dell’Expo e del Giubileo non è merito del Governo, ma di una struttura straordinaria di professionisti, cui va la mia rinnovata gratitudine, in particolar modo alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate di questo Paese, che ho imparato a conoscere per una dedizione e una professionalità straordinarie alla bandiera e al Paese. Davvero grazie. In questa sala, infine, attenderò di salutare, con amicizia istituzionale e con un grande sorriso e un abbraccio, il mio successore, chiunque egli sarà. Gli consegnerò la campanella, simbolo della guida del Governo, e tutto il lungo dossier delle cose fatte e da fare. Grazie ad Agnese per aver sopportato la fatica di questi mille giorni e grazie per come ha splendidamente rappresentato il nostro Paese. Grazie ai miei figli. Grazie anche a tutti voi, anche se ringraziare i giornalisti alla fine, Filippo, è quasi una cosa impossibile. Sono stati mille giorni che sono volati. Ora per me è il tempo di rimettersi in cammino. Ma vi chiedo, nell’era della post-verità, nell’era in cui in tanti nascondono quella che è la realtà dei fatti, di essere fedeli e degni interpreti della missione importante che anche voi avete per il vostro Paese e, direi, per la vostra laica vocazione. Viva l’Italia. In bocca al lupo a tutti noi”.

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