A 20 giorni dal referendum iniziano a muoversi e smuoversi le questioni che il PD aveva posto come condizioni per il via libera alla riduzione di deputati e senatori: una nuova legge elettorale e le correzioni alle procedure parlamentari. Lunedì prossimo la Direzione indicherà la linea del PD. Nonostante la contrarietà di molti, il segretario Zingaretti punta a un voto sulla riforma elettorale in una Camera prima del referendum. La Commissione Affari Costituzionali potrebbe, già martedì, licenziare il testo base, un sistema proporzionale con sbarramento al 5%. Tra tattiche e convenienze la questione di merito del referendum si confonde agli interessi elettorali delle regionali. Il Partito Democratico è la forza politica che ovunque ha costruito le alleanze più credibili per fermare le destre di Salvini e di Meloni. Nonostante il via libera lo scorso ottobre quasi unanime dei partiti in Parlamento, nella maggioranza solo i 5 Stelle difendono in maniera netta il "sì" del 20 Settembre, che rappresenta, ripete in questi giorni Di Maio, un segnale di sobrietà nella fase di crisi post Covid; 5 Stelle che per il 12 Settembre stanno organizzando un "Vota sì day". Nel centrodestra solo Lega e Fratelli d'Italia confermano il "sì". Forza Italia lascerà libertà di coscienza. Lo stesso Berlusconi ammette di avere dubbi e nel partito crescono le voci contro. Una ghigliottina che non taglia soltanto la testa di un certo numero di parlamentari, ma taglia, e questa è la cosa più grave, il potere di rappresentanza dei cittadini italiani. Anche il Comitato per il "no" sarà in piazza il 12 Settembre.