Le reazioni politiche alla richiesta di rinvio a giudizio per truffa all'Inps del Ministro del Turismo Daniela Santanchè sono divise in modo semplice: dal Centrodestra il segretario di Forza Italia e vicepremier Tajani dice: nessun problema politico o imbarazzo per l'Esecutivo, è una questione di sensibilità personale, Santanchè deciderà lei cosa fare, io comunque sono garantista con tutti. L'altro vicepremier e segretario della Lega Salvini aggiunge: no, non si dovrebbe dimettere. Io sono addirittura a processo, oltre al rinvio a giudizio, sono un potenziale condannato. Quindi sceglierà lei. Non chiediamo le dimissioni di nessuno. Dal Centrosinistra, all'opposto, un'unica richiesta per molte voci: il ministro si deve dimettere. Dal Pd Elly Schlein parla di Fratelli d'Italia come di un partito che candida rinviati a giudizio e invita Giorgia Meloni ad avere rispetto per le istituzioni e intervenire, e arriva la reazione del portavoce di Santanchè Salvatore Tramontano che attacca: la segretaria del Pd non ne azzecca una, parla di Santanchè rinviata a giudizio mentre la nuova vecchia notizia è solo la preannunciata e scontata richiesta di rinvio in attesa della fissazione dell'udienza preliminare. Ma la richiesta di dimissioni, la stessa fatta fin dall'inizio dell'inchiesta, parte da tutta l'opposizione, coi 5 stelle che moltiplicano le dichiarazioni indignate e Conte che taglia corto sarcastico: peccato le liste siano chiuse altrimenti la Meloni avrebbe potuto far dimettere la Santanchè da ministra e candidarla alle europee come hanno fatto con Sgarbi. Per Sinistra Italiana e Verdi le dimissioni sono l'unica via accettabile, con Fratoianni che accusa: Santanchè non può assolutamente fare il ministro. E da Azione Calenda va oltre e chiarisce: non è neanche una questione di rinvio a giudizio, visto che Santanchè sarebbe innocente fino all'ultimo grado di giudizio, ma è per il comportamento, per come ha usato fondi pubblici e come ha gestito sue aziende, che si deve dimettere.























