Villa Panfili ieri, Palazzo Chigi oggi, il Parlamento forse domani. Se c'è un filo di dialogo tra maggioranza e opposizione, cammina su questo sentiero. Per ora non si vede, sovrastato dal suono delle sirene elettorali dove conviene e aggrada tutti fare la voce grossa, ma c'è chi crede in quel filo al di là degli slogan per riproporlo un minuto dopo che si saranno spente le luci sul voto del 20-21 Settembre. Non è un caso, in politica il caso è un'eccezione, che nel giro di 24 ore arrivino due appelli all'opposizione. Dario Franceschini, il Capo delegazione del Partito Democratico, parla apertamente di un patto per le riforme, perché il taglio del numero dei parlamentari, dice, non mina la democrazia, ma da solo, fa intendere, non la cambia. Da qui la proposta di usare il referendum come big bang per una stagione di riforme costituzionali condivise insieme all'opposizione. Condivisione che per il premier Conte può essere estesa al recovery plan. Traduzione: decidiamo insieme come spendere quei 209 miliardi che arriveranno dall'Europa. Anche perché, cosa non secondaria, il piano sarà quadriennale. Abbraccerà dunque questa legislatura e la prossima, questo Governo ed il prossimo, che non si sa ancora di quale colore sarà. Forse anche per questo Matteo Renzi vede di buon occhio questa prospettiva. Dopo il 21 Settembre, comunque vada il referendum, che vinca il sì, che vinca il no, tanto è una questione assolutamente marginale, cioè il numero dei parlamentari è secondario. Il problema è se gli fai fare le stesse cose, se fai fare loro le stesse cose che già stanno facendo, cioè se continui con il bicameralismo paritario. Siccome dovrà essere superato questo bicameralismo paritario, come noi peraltro diciamo da tempo, è giusto che Conte, Franceschini, tutti invitino l'opposizione a un tavolo, a dire: ragazzi, le regole scriviamole insieme. A me sembra molto giusto. È una semina difficile, anche perché al di là del frastuono queste elezioni regionali potrebbero davvero spostare gli equilibri e mettere la legislatura su un piano inclinato. Legge elettorale, riforme, regole condivise e sullo sfondo il traguardo dell'elezione del Presidente della Repubblica, del successore di Sergio Mattarella. Mancano due anni alla fine di questa legislatura e quel filo sembra resistere ancora.