Il dibattito è tra politica e Magistratura, scontro durissimo tra Nino Di Matteo e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, accusato dal Magistrato di non averlo nominato nel 2018, in pieno governo gialloverde, alla guida delle carceri italiane a causa dell'opposizione da parte dei boss mafiosi detenuti. Secondo la ricostruzione fatta da Di Matteo, il Guardasigilli avrebbe offerto di dirigere il Dipartimento per l'Amministrazione Carceraria, offerta che sarebbe venuta meno dopo la reazione di alcuni boss detenuti al 41 bis. Intercettati, preoccupati per la nomina del magistrato alla guida del DAP. "Ci aveva ripensato, forse qualcuno lo aveva indotto a ripensarci", l'accusa esplicita di Di Matteo. Bonafede, dal canto suo, smentisce categoricamente la versione del Magistrato, racconta un'altra storia. "All'ex PM antimafia sarebbe stata offerta da subito una doppia possibilità: la direzione del DAP, o quella degli affari penali, sottolineando però, da parte del Ministero, una preferenza per la seconda perché più importante nella lotta contro la mafia. Durissime le reazioni delle opposizioni. "Se fossi in Bonafede rassegnerei le dimissioni da ministro" afferma Giorgia Meloni, seguita dai deputati leghisti che in una nota congiunta, insistono su troppi errori fatti alla guida del Ministero. Da Forza Italia la richiesta di riferire al più presto in Parlamento. Cauto all'interno della maggioranza, Matteo Renzi, "siamo in presenza di una clamorosa vicenda giudiziaria, prima di parlare di mozioni di sfiducia, vogliamo sapere la verità". A difendere il Guardasigilli Andrea Orlando: "sarebbe gravissimo se un ministro si dovesse dimettere per i sospetti di un Magistrato" afferma il vicesegretario del Partito Democratico. "Il sospetto non è l'anticamera della verità. Sinché non verificato resta un sospetto".