Cruciale nel suo settennato. La politica estera ha inevitabilmente rappresentato nel mandato presidenziale di Sergio Mattarella uno dei due pilastri nell'azione e nell'operato del Capo dello Stato, assieme alla tenuta dell'assetto istituzionale interno e non solo per gli oltre 50 viaggi all'estero, tra visite ufficiali diplomatiche di stato ma soprattutto per la difesa dell'immagine e dell'interesse del paese. Il prestigio riconosciutogli da tutte le cancellerie è stato non solo un punto d'onore sul piano personale ma soprattutto un sostegno al ruolo internazionale dell'Italia. Da ricordare le visite negli Stati Uniti, l'incontro con Obama nel porre con forza la questione libica e la necessaria tutela americana di fronte alle incursioni francesi e britanniche. E poi l'anno successivo in Russia e ancora in Cina da Xi Jinping. Nel 2019 in Germania e negli Stati Uniti da Trump, quindi in Israele e ancora in Francia. Proprio con la Francia è artefice del riavvicinamento tra i due paesi, dal faccia a faccia nella Loira con Macron, nel maggio 19 l'incontro della riconciliazione per i 500 anni dalla morte di Leonardo all'ultima visita di stato a Parigi lo scorso luglio, fino al recente G20 e, sempre a Roma la firma del trattato del Quirinale. Relazioni rilanciate dopo il momento di maggiore difficoltà diplomatica a causa delle incomprensioni con Lega e 5 Stelle nei mesi del Governo Conte 1, ma anche legate a vicende economico commerciali e di politica estera come sulla Libia. Mattarella è stato il primo presidente italiano a visitare paesi emergenti, come Vietnam e Indonesia, Georgia e Azerbaigian, e tra quelli occidentali il più attento all'est europeo a quella Europa a noi vicina. E così all'Africa mediterranea e subsahariana. La stella polare nella sua azione resta però l'integrazione e il rafforzamento dell'Unione Europea, dalla politica di difesa comune alla solidarietà e a un maggiore coordinamento nella gestione dei flussi migratori. Sguardo al futuro del paese ma attenzione al presente.