Sulle armi all'Ucraina la maggioranza è divisa

17 mag 2022
Dettagli

"Maggioranza 261. Favorevoli 520. Contrari nessuno. La Camera approva". Era iniziata così il primo marzo, con un applauso bipartisan e due risoluzioni votate a larghissima maggioranza: 520 sì alla Camera, 244 i voti voti al Senato. Tutti, o quasi, uniti nel sostegno all'Ucraina. Sostegno umanitario e militare. Ma già allora c'erano delle piccole avvisaglie di quello che sarebbe stato: in Senato 11 esponenti del MoVimento, alcuni in missione o giustificati, non votarono la mozione, 7 le defezioni della Lega. La prima vera aritmia politica, però, arriva sull'aumento delle spese militari. Il Governo punta ad un incremento del 2% entro il 2024, come da accordi in seno alla NATO. Giuseppe Conte, leader del MoVimento, non ci sta. E il 27 marzo scandisce: «siamo la forza di maggioranza relativa e se si tratta di discutere un nuovo indirizzo faremo valere la nostra presenza. Il Governo così fa fibrillare la maggioranza». Il sereno torna con un accordo che prevede sì l'aumento del 2% ma diluito fino al 2028. Il resto della maggioranza fino a quel momento è graniticamente al fianco del Governo, o quasi. Berlusconi, dopo settimane di silenzio, il 9 aprile dice chiaramente: «Putin mi ha deluso. Pensavo fosse un uomo di pace. Quella all'Ucraina è una aggressione senza precedenti». La guerra prosegue, l'impegno italiano anche, la maggioranza è la stessa ma le sensibilità cominciano a cambiare. Il 27 aprile il MoVimento 5 Stelle traccia la sua linea del Piave: no alle armi offensive, tuona Conte, che riunisce i suoi e fa suoi e fa mettere nero su bianco che «il MoVimento si oppone all'invio di aiuti militari che possano travalicare il diritto di legittima difesa sancito dall'articolo 51 della Carta dell'ONU». Un affondo che ha ampliato le divergenze sul punto con Luigi Di Maio che da Ministro degli Esteri ha firmato i decreti sull'invio delle armi in Ucraina. Nello stesso giorno arriva la svolta pacifista di Matteo Salvini: «troviamoci per parlare di pace, non solo di armi, l'Italia deve essere protagonista del cessate il fuoco». Da quel momento l'asse giallo-verde incalza sempre di più Mario Draghi. Conte lo vuole in Parlamento per un voto sull'indirizzo politico. Salvini lo vede e dice: basta armi. Berlusconi a metà maggio usa parole che suonano di critica per l'azione della Casa Bianca e della NATO, smentendo però a stretto giro di aver voluto alimentare ambiguità. Anche in alcune aree, pur minoritarie, del Partito Democratico, affiorano dubbi sulla strategia del sostegno militare senza se e senza ma, nonostante Letta tenga sostanzialmente unito il partito su una linea chiara da inizio guerra. È facile immaginare che più il conflitto andrà avanti più la coerenza politica di tutte le forze sarà ancora più messa a dura prova.

Guarda Altri
Lavoro, il Cdm approva decreto con bonus 100 euro una tantum
00:01:50 min
14 video
Generazione AnZia
Elezioni europee, in lizza leader e big
00:02:27 min
Renzi: chi eletto non va a Bruxelles truffa cittadini
00:00:25 min
Concessioni spiagge, consiglio stato: stop deroghe, ok gare
00:01:16 min
Mattarella: Lavoro non è una merce, è diritto da tutelare
00:01:57 min
Timeline, Approvata riforma della coesione e decreto Ires-Irpef
00:36:57 min