La vicenda Whirpool si conferma la più incandescente tra tanti tavoli di crisi aziendale. La giornata inizia con il Ministro Di Maio che accusa l'azienda, che a pochi mesi dalla presentazione del piano industriale ha annunciato di voler cedere lo stabilimento di Napoli, di non aver tenuto fede ai patti siglati appena sei mesi fa e minaccia di revocare parte degli incentivi pubblici che l'azienda ha ricevuto, 15 milioni sui 50 totali versati dallo Stato tra il 2014 e il 2018. Detto fatto, la firma del relativo atto arriva da lì a breve via diretta Facebook. Non si può più andare avanti col fatto che qualcuno viene qui in Italia, firma gli accordi col Ministro, prende gli incentivi, i soldi dello Stato, delle tasse degli italiani, dei lavoratori e degli imprenditori italiani e poi sul più bello dice: “Scusate, ci siamo sbagliati, chiudiamo uno stabilimento”. “Whirpool deve tenere aperto lo stabilimento di Napoli perché è quanto era previsto nell'accordo firmato con Governo, regioni e sindacati e ora non possono dire di volersi disimpegnare”, dice Di Maio, che poi si fa riprendere mentre firma gli atti di indirizzo in cui chiede ai ministeri interessati di revocare gli incentivi all’azienda. Non precisa però di quanto si tratta, una cifra tutta da verificare. L'azienda, a stretto giro, fa sapere di non aver mai disdetto l'accordo firmato e di non avere intenzione di chiudere lo stabilimento napoletano, uno degli otto che ha in Italia nel quale lavorano 412 persone e dove si producono lavatrici, ma di essere alla ricerca, scrive in un comunicato, di una soluzione che garantisca la continuità industriale e i massimi livelli occupazionali. Una formula che comunque conferma la volontà di disimpegnarsi dal sito. Per capire come andrà a finire bisognerà attendere domani pomeriggio, quando tutte le parti interessate si incontreranno al Ministero dello Sviluppo Economico.