“Avere un documentario è veramente un sogno. Io da danni pensavo: come potrei raccontare la mia storia? Ho sempre pensato che fosse una bella storia da raccontare perché poteva essere d'ispirazione per tante persone perché veramente è la storia di una ragazza di provincia che ha creduto nei suoi sogni, è andata contro tutti e alla fine in tante cose ce l'ha fatta. Spero nel mio piccolo di dare un messaggio molto positivo perché comunque sono una mamma, sono una moglie, ma sono una grande lavoratrice, una business woman, e spero che tante donne prendano esempio da me cercando di realizzare i loro sogni e comunque dedichino tanto tempo anche al loro lavoro”. “Sei alla guida di due società; come ricordavi, sei anche una moglie, sei anche una madre. Quali difficoltà ci sono in Italia e in generale nel conciliare questi ruoli e che cosa si può fare per cercare in qualche modo di agevolare le giovani donne che voglio cerca di intraprendere un percorso professionale come il tuo?”. “Ci sono ancora difficoltà perché secondo me quando sei una donna devi dimostrare ancora di più quanto sei forte, quanto sei in gamba, mentre con un uomo c'è meno questa richiesta di dover sempre dimostrare chi sei. Per una donna soprattutto c'è sempre questo senso di colpa che hai per dedicare tanto tempo anche al tuo lavoro e al realizzare i tuoi sogni, che è una cosa pazzesca, che penso che nessun uomo... Io leggo anche solo i commenti quando viaggio per lavoro eccetera; a mio marito, che anche lui viaggia spessissimo per lavoro, nessuno dice “non stai passando abbastanza tempo con tuo figlio perché stai lavorando” mentre a me è proprio una critica che viene posta praticamente quotidianamente”. “Il mondo dei social ovviamente è fatto anche da molti hater. Tu hai fatto varie campagna contro il cyberbullismo, sei sempre molto esposta, rispondi pubblicamente alle critiche. Però non ci sarebbe, secondo te, bisogno di regolamentare un po' la situazione? Anche alcune tue colleghe sui social in questi giorni stanno, ad esempio, suggerendo la possibilità di chiedere le generalità, un documento, il codice fiscale a chi si iscrive su una piattaforma social. Questo secondo te aiuterebbe?”. “Quello sì e sicuramente potrebbe essere una delle soluzioni perché naturalmente il fatto che sei facilmente raggiungibile ed è facile capire chi tu sia rende le persone molto meno vogliose di cospargere gli altri di odio, penso. Quella potrebbe essere una buona soluzione. Al tempo stesso penso sia molto importante dire a tutte le persone che usano i social che il fenomeno degli hater purtroppo c'è e ci sarà sempre. Speriamo che diminuisca in quantità, però un pochino ci sarà sempre qualcuno che vuole scrivere un commento maligno. La cosa più importante è veramente vivere come se questi commenti non esistessero perché purtroppo è un fenomeno che sarà sempre presente nelle nostre vite e dare valore a queste persone è proprio dar loro ragione, quindi l'idea è proprio che se loro non esistono nella tua mente, non esistono proprio nella tua vita, non farci mai abbattere dagli hater perché io veramente sono la prima testimone di questa cosa. Se mi fossi abbattuta per i commenti, tanti commenti di hater che ricevevo all'inizio della mia carriera, mi sarei scoraggiata e non avrei fatto niente di quello che poi ho fatto in questi anni”. “Qui negli Stati Uniti, soprattutto nella Silicon Valley, vediamo tanti ragazzi italiani che vengono negli Stati Uniti per cercare di realizzare i loro progetti di startup e anche di innovazione perché non trovano le giuste risposte in Italia. Secondo te che cosa dovrebbe fare il nostro Paese per cercare di far sì che queste persone rimangano invece in Italia e sviluppino il proprio business così come poi hai fatto tu?”. “Noi italiani siamo geniali e siamo veramente bravissimi in molte cose. Ci manca un po' la fiducia, penso, verso il nostro Paese, nel senso di essere compresi, di poter veramente creare delle aziende solide. C'è un po' questo mito molto americano, cioè io sono stata la prima che a 25 anni, 26 anni mi sono trasferita a Los Angeles e sono stata lì fissa per 4 anni e ho raggiunto grossi traguardi, fra cui Forbes, Harvard, le prime copertine di Vogue eccetera, in America. Automaticamente quando tornavo in Italia ero vista in modo totalmente diverso. In Italia siamo troppo esterofili e non siamo così fieri dei nostri connazionali e questa è una delle cose che manca. Poi comunque in generale è difficile crearsi un'azienda. Io sono una delle persone che ce l'ha fatta, però veramente ci sono poche persone della mia età che sono riuscite a creare un impero del genere perché non è un Paese che aiuta i giovani in generale, purtroppo”. “Internet e i social sono molto veloci, a volte quello che “è in” un giorno, il giorno dopo, magari a volte anche solo dopo due ore, già non lo è più. Tu hai un brand che è molto legato alla tua persona e allora mi domando: come ti vedi fra dieci anni anche rispetto a questa velocità che c'è nel mondo del tuo business?” “Non lo so, è sempre una domanda che mi pongo quotidianamente e non ho proprio idea. E' il bello del mio lavoro. Io che sono amante dei cambiamenti non so mai cosa farò in futuro. E' bella l'idea di potersi sempre reinventare e mi sembra comunque di avere delle basi solide. Ho il mio brand, ho tutto il mio team, ho una famiglia, ho una casa, quindi sono contenta e molto emozionata di sapere cosa farò in futuro. Sono anche molto fortunata perché ho un costante supporto di chi mi segue. Sembra una banalità dirlo, ma mi dà tantissima energia vedere che, qualsiasi cosa faccia, ci sono tante persone che sognano tramite me e mi supportano e vogliono veramente il mio bene”.