Aldo Braibanti era un intellettuale, un poeta, un drammaturgo, era un mirmecologo ossia studiava le formiche ed era stato anche un partigiano. Personalità sfaccettata e complessa, è attorno a lui che Gianni Amelio presenta in concorso a Venezia il Signore delle formiche con Luigi Lo Cascio ed Elio Germano tra gli altri. Siamo prima nella provincia italiana della fine degli anni sessanta, poi a Roma dove Braibanti fu accusato di plagio ossia di aver sottomesso fisicamente e psicologicamente un ragazzo, fu in verità amore. Il processo per plagio che ne seguì con 9 anni di reclusione ridotto per buona condotta, scandalizzò gli intellettuali dell'epoca perché si trattò di una vera e propria farsa come dice il regista. "Ho cercato di raccontare la vicenda Braibanti col massimo di onestà e soprattutto guardando e pensando all'oggi, c'è quello che noi stiamo vivendo e che è un periodo crudele, un periodo difficile per certe fasce di persone." "Guardare negli occhi il persecutore e invitarlo a guardarsi, non rispondere, perché rispondere praticamente sullo stesso piano in qualche modo, c'è una domanda, c'è una richiesta e l'altro reagisce, si crea una condizione di orizzontalità, c'è una tesi, una controtesi, il silenzio invece è gigantesco rispetto a un'offesa che si subisce." Una storia drammaticamente contemporanea fatta di meschinità, paura del diverso e ipocrisia. "Le discriminazioni avvengono di tanti colori oggi, per cui non è soltanto rispetto alla propria sessualità che comunque continua a essere una cosa non tanto accettata soprattutto nel nostro Paese. Più a livello istituzionale che non poi a livello popolare dove invece, come al solito, si arriva sempre prima.".























