Prende il titolo dall’incrocio di New York che attraversa ogni mattina per raggiungere il suo studio. Si chiama “57Th & 9Th” il nuovo album di Sting, il primo rock-pop dopo diversi anni. Un disco rock registrato in poche settimane, pieno di energia, ma anche di spunti di riflessione. “Penso che questo disco sia due cose. Credo che sia soprattutto rock ‘n’ roll, molto diretto, rumoroso. Dall’altra parte, è anche molto riflessivo e immagino che rispecchi la mia personalità”. Dieci brani e stili differenti, ma uniti dal tema del viaggio, come “Inshallah”, che racconta la crisi umanitaria dell’immigrazione. “Questa è la crisi del secolo e non credo che possa finire domani. Perciò dobbiamo trovare una soluzione, ma, se c’è una soluzione, questa sta nell’empatia, nella compassione, non nell’erigere muri”. Canzoni autobiografiche, tra cui “50.000”, ispirata alla morte di Prince e allo shock che si prova per la perdita di un’icona culturale, come è stato gli ultimi giorni per Leonard Cohen, o “One fine day” sui cambiamenti climatici. “Adesso, con il nuovo Presidente degli Stati Uniti, credo che quella dei cambiamenti climatici sia una battaglia persino più dura”. “Il Presidente Trump crede che i cambiamenti climatici siano una bufala. Mi piacerebbe pensare che abbia ragione, ma i miei sospetti mi portano a credere che non sia affatto una bufala. Ora abbiamo davvero poco tempo per cambiare le cose e salvare il pianeta. Questo è il più grande pericolo che dobbiamo affrontare tutti noi”. Compositore, cantautore, attore, autore e attivista. Sting ha aperto con un emozionante concerto il Bataclan, a un anno dall’attacco terroristico di Parigi. “È stata una serata difficile, perché ho dovuto, da un lato, onorare le persone che hanno perso la vita, le famiglie e i sopravvissuti. Una persona ha tenuto per tutta la durata del concerto la foto di suo figlio morto nell’attentato. D’altra parte, dobbiamo celebrare il teatro e riportarlo alla vita”.