C'è un’altra battuta che è importante per me, è quella che di solito viene attribuita a Groucho Marx, ma credo dovuta in origine al genio Freud e che è in relazione con l'inconscio. Ecco dice così, parafrasandola: “Io non vorrei mai appartenere a nessun club che contasse tra i sui membri uno come me”. Il pensiero espresso da Woody Allen nel monologo iniziale di uno dei suoi più celebri film, sembrerebbe essere condiviso da molti. Secondo quanto riporta infatti il New York Times, nell'ultimo anno l'autobiografia del regista, manoscritto al quale lavora da diverso tempo, è stata rifiutata da ben quattro grandi case editrici. Non si sa quali anni e quali vicende racconti, ma forse in quelle pagine potrebbe essere riportato il suo personale punto di vista, in merito a quell'accusa di molestia sessuale che lo ha reso inviso prima al mondo di Hollywood e ora anche a quello dell'editoria. I fatti risalirebbero al 1992, quando Allen avrebbe molestato la figlia adottiva che ai tempi aveva sette anni. Accusa mai dimostrata, ma che ora, dopo il Movimento Me Too torna a sollevare vecchi sospetti e così quello che fino a qualche anno fa era considerato un mostro sacro del cinema, ora rischia di essere semplicemente un mostro. Se prima gli editori avrebbero pagato cifre folli per pubblicare la sua autobiografia, adesso lo stesso manoscritto sembra essere carta straccia. Si parla infatti di effetto tossico non solo dal punto di vista etico, ma anche commerciale, perché è troppo alto il rischio di fallimento. Dopo Me Too, infatti, molti attori famosi hanno dichiarato di non voler più lavorare con Allen, altri invece che con lui avevano recitato di recente hanno devoluto il proprio compenso in beneficenza. Un duro colpo è arrivato poi con la decisione da parte di Jeff Bezos di rescindere il contratto con Woody Allen che impegnava Amazon a quattro nuovi film, tra cui A Rainy Day in New York. Ora il regista, prolifico scrittore e intellettuale, sembra essere stato bandito anche nel mondo dell'editoria.