Una lesione al cranio assolutamente compatibile con l'ipotesi di un impatto tra la testa di Serena Mollicone e la porta dell'alloggio in uso alla famiglia Mottola, nella caserma dei Carabinieri di Arce. Sono le conclusioni della perizia di Cristina Cattaneo, il medico legale che per oltre un anno dopo la riesumazione del corpo di Serena nel 2016, ha potuto eseguire la sua autopsia 15 anni dopo la morte. "L'udienza di oggi è probabilmente una delle più importanti del processo. Abbiamo finalmente modo di collocare la scena del crimine all'interno della caserma". Nella perizia c'è inoltre la conferma che non fu il colpo alla testa ad ucciderla, Serena morì per asfissia, provocata forse da quel sacchetto avvolto intorno alla testa, forse dalla pressione di una mano o da un cuscino. Impossibile dirlo tanto tempo dopo. Ci sono poi diverse ferite alle mani, alle gambe della studentessa di Arce, scomparsa il primo giugno 2001 e ritrovata senza vita in un boschetto due giorni dopo. Contusioni che raccontano di una colluttazione, di strattonamenti e pugni quando era ancora viva, più di un punto fermo in una vicenda lunga 21 anni. "A mio modo di vedere con oggi abbiamo un elemento determinante, ossia che a impattare con quella porta è stata la testa di Serena e che quello è stato l'inizio di un meccanismo omicidiario complesso, deliberato e decisamente agghiacciante". Un'udienza tecnica complessa in cui il medico legale ha risposto a lungo alle domande dei difensori dei 5 imputati sulla discordanza tra l'altezza di Serena e il buco nella porta ad esempio. Una sofferenza ma anche una speranza per i familiari della vittima. "La verità è dolore, perché la verità si accompagna con il dolore. Felici non saremo mai perché abbiamo perso un fiorellino di ragazza ma siamo sereni che alla sua memoria, sua e di Guglielmo, sta emergendo una verità".























