A due giorni dall'anniversario della scomparsa del ricercatore friulano, autorizzano a nuove speranze le parole pronunciate dal nostro ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, dopo il suo incontro a Il Cairo col presidente egiziano Al-Sisi. Sul tavolo della discussione, gli equilibri politici in Libia, terra di partenza di migranti che arrivano sulle nostre coste e il dossier energetico. Sul caso Regeni, afferma Tajani, ho ricevuto rassicurazioni per una piena collaborazione, piena ha detto. Di certo, l'Italia avrà presto occasione di metterlo alla prova. Il prossimo 13 febbraio è infatti prevista una nuova udienza nel procedimento giudiziario sull'omicidio del ricercatore che oggi avrebbe 35 anni appena compiuti. C'è da sperare che in quell'occasione i magistrati italiani, da Il Cairo, ricevano almeno gli indirizzi dei 4 agenti dei servizi segreti egiziani considerati responsabili del sequestro tortura e uccisione del giovane e ai quali, le autorità del nostro paese, finora dopo 7 anni dai fatti, non riescono nemmeno a fare arrivare le notifiche formali degli atti. 25 gennaio 2016, questa è la data in cui Giulio, allora ventottenne, manda l'ultimo segnale di esistenza in vita: un SMS alla fidanzata poi il buio. Il corpo viene ritrovato il 3 febbraio, 9 giorni dopo. Il processo inizia a ottobre del 2021 ma, a luglio del 2022, la Cassazione è costretta ad alzare bandiera bianca e sospende il procedimento. Impossibile tenere un processo quando non si riesce neppure a notificare gli atti agli imputati. Basta per favore finte promesse, dicono oggi i genitori di Giulio Regeni; pensiamo sia oltraggioso questo mantra sulla collaborazione egiziana che invece è inesistente.