La legnaia ordinata, le imposte chiuse, il giardino curato che guarda il massiccio del Gran Paradiso. Appare così la villetta del delitto di Cogne a vent'anni esatti da quel tragico giorno. Era il 30 gennaio 2002, il piccolo Samuele, tre anni, viene colpito con ferocia alla testa per 17 volte con un oggetto, verosimilmente un martelletto, che poi non è mai stato trovato. Per l'omicidio viene condannata sua mamma, Annamaria Franzoni, che però si è sempre dichiarata innocente. La tua tesi è che negli 8 minuti, tra le 8:16 e le 8:24, di quella mattina del 30 gennaio in cui lei ha lasciato solo in casa Samuele per accompagnare allo scuolabus l'altro figlio qualcuno sia entrato e abbia compiuto il delitto, senza un movente, senza lasciare tracce, senza un perché. Annamaria Franzoni ha finito di scontare la sua pena nel 2018, trent'anni ridotti a sedici poi a cinque di reclusione più altri sei ai domiciliari e ora, da donna libera, con suo marito Stefano, che le è sempre stato vicino anche nei momenti più bui, gestisce un agriturismo sull'Appennino emiliano. Sono stati qui, nella loro villetta, durante le vacanze di Natale ma in paese nessuno li ha visti. Un paese che a vent'anni da quel giorno vuole solo dimenticare. "La mente umana ogni tanto, diciamo, va oltre a quello che uno può prevedere e sicuramente lo scombussolamento di tutta la cittadinanza, di tutte le persone nessuno potrà, diciamo, dimenticarlo". "Lei sa che il paese odia queste cose qui? Lo sapete che Cogne vuole dimenticare quella cosa lì? Perché è stata una cosa mediatica vergognosa, vergognosa. Una morbosità che ha scandalizzato tutto il paese". "Le rappresenta ancora questo?" "Penso di sì". "Voglio dimenticarmela questa storia, questa brutta storia. E quindi non ne voglio neanche più parlare".























