Mattia Giani era un calciatore, è morto domenica scorsa da atleta come altri prima di lui. Piermario Morosini, giocatore del Livorno, e il capitano della Fiorentina Davide Astori. Al suo allenatore aveva detto: faccio gol e vinciamo. Si è accasciato a terra dopo un arresto cardiaco mentre stava disputando una partita con la sua squadra, il Castelfiorentino in casa del Lanciotto Campi all’impianto la Villa di Campi Bisenzio. È morto il giorno dopo all’ospedale di Careggi. La Procura di Firenze sul caso ha aperto un’inchiesta e sarà disposta un’autopsia. Nel campionato di eccellenza, quello in cui giocava Mattia Giani, è prevista, da regolamento, la presenza del defibrillatore, e in più che ad ogni partita ci sia un medico o in alternativa un’ambulanza a bordo campo. Sugli spalti c’erano i genitori, la fidanzata con cui Mattia era andato a convivere da due giorni e il nonno. Al telefono raccogliamo la testimonianza del padre Sandro Giani che non vuole parlare alle telecamere. "Questo defibrillatore è arrivato però non sapevano usarlo. Io ero lì presente, ho visto pigiavano tutti i bottoni". "Ma un medico era lì presente oppure no?". "No, non c'era il medico. Il medico è arrivato in un secondo tempo con una seconda ambulanza, ma era già passata mezz'ora, 25minuti, ormai il disastro era già fatto. A me mi basta far passare il messaggio che questi ragazzi che fanno agonismo, in tutti gli sport non solo nel calcio, lasciati soli su un campo sportivo così. Siccome non ci si pensa mai, i genitori, tutti, però siccome son cose che succedono almeno una possibilità questi ragazzi ce la devono avere e Mattia non ce l’ha avuta.