La sentenza della Cassazione preoccupa commercianti e compratori, no alla vendita della cannabis light. Secondo i giudici delle Sezioni Unite penali della Suprema Corte è reato vendere i prodotti derivanti dalla canapa sativa L, ossia l'olio, le foglie, le inflorescenze nella resina. Articoli oggi venduti illegalmente negli oltre 10 mila negozi diffusi in tutto il Paese. La sentenza, intende chiarire la legge 242 del 2016, secondo cui è legale coltivare canapa con un THC, la molecola responsabile degli effetti psico attivi inferiore a 0,2 con una tolleranza che si spinge sino allo 0,6. Valori legati al territorio dove la pianta è coltivata. La marijuana proibita contiene all'incirca un livello di THC tra 5 e 8, è commercializzata oggi in diversi Stati in America, tra cui la California per scopi ricreativi. Secondo i giudici i derivati della sattiva L non rientrano nell'applicazione della legge 242, che considera legali solo le piante agricole, prive di efficacia drogante. Saranno così i giudici di merito, di volta in volta, a valutare quale sia la soglia di efficacia drogante che rientra nei parametri del consentito. Il verdetto si è concluso con l'annullamento, con rinvio, della revoca di un sequestro di prodotti derivati dalla cannabis. La sentenza ha alimentato un già animato dialogo politico. Siamo contro qualsiasi tipo di droga senza se e senza ma è a favore del divertimento sano, ha commentato il Ministro dell'Interno Salvini, i valori della cannabis light, inferiori allo 0,6 di THC non hanno nulla a che vedere con le droghe, neppure quelle leggere. Secondo il deputato del PD Anzaldi, che evoca l'intervento della Corte Costituzionale.