Il problema delle liste d'attesa nella Sanità in Italia incide particolarmente sui bambini autistici, sui quali prima si interviene più si ha possibilità di miglioramento. Siamo a Napoli, e Teresa è la mamma di uno di questi bambini, che ha 10 anni. "È tutto indirizzato a quando noi chiuderemo gli occhi e non ci saremo più. Cioè noi lavoriamo adesso per quando saremo morti. È brutto da dire ma è così". Nel piano terapeutico del bimbo, ottenuto dopo una battaglia legale, ci sono logopedia e psicomotricità in uno dei centri privati convenzionati ai quali ormai è affidata la quasi totalità delle prestazioni. Il logopedista che seguiva il bimbo va via, il centro cerca un altro professionista, impresa non facile, e nel frattempo il bambino resta senza terapie. La madre protesta ma le viene detto di cercare altrove. "La scoperta dell'acqua calda. Lo sai perché? Perchè l'attesa minima in un centro di riabilitazione, soprattutto per un bambino di 10 anni come mio figlio che loro non considerano più un'urgenza, è enorme". Proviamo a telefonare ai centri. "Due anni e mezzo o tre anni". "Due-tre anni". "Due-tre anni?" "Almeno due anni e mezzo? Attese superiori ai quattro anni e mezzo, ho capito bene?" "In generale il bisogno di salute è di molto superiore all'offerta da parte del Servizio Sanitario Regionale. Purtroppo i genitori con queste problematiche sono tanti". "Io ho provveduto privatamente, mi sta costando 35 euro ogni 50 minuti di terapia". Chiediamo spiegazioni all'azienda sanitaria che sostiene, dal canto suo, di avere le mani legate. "Saranno 7-8 anni che le ASL fanno presente alla Regione che la programmazione dei tetti di spesa non risponde ai bisogni reali della popolazione. Questa situazione non fa altro che alimentare il privato, perché quelli che possono permetterselo, e a volte anche quelli che non possono permetterselo, ricorrono a professionisti privati. Noi una risposta pubblica non siamo in grado di darla, ma nè noi nè le altre ASL della Campania, perché storicamente, negli anni, sui presidi pubblici di riabilitazione non si è mai investito". Alla fine, per fortuna, il centro che ha in carico il bimbo trova un nuovo logopedista e la battaglia per un posto in lista si interrompe. Ma la fatica è tanta e spesso il finale è più amaro. "Perché mio figlio non ha quello che gli spetta? Perché per far avere a mio figlio quello che gli spetta io lo devo raccontare ad altri, devo mettermi a gridare, devo fare la pazza? Ma perchè, dove sta scritto?".